Intervista esclusiva con Carlo Allevi di WeAreStarting

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Oggi abbiamo il piacere di ospitare sul nostro blog, WeAreStarting una delle principali piattaforme di equity crowdfunding attiva sul mercato Italiano.

Nell'attuale panorama dell'equity crowdfunding italiano, il Regolamento Europeo ha sollevato interrogativi significativi. Carlo Allevi, CEO di WeAreStarting, offre un'analisi dettagliata sul ritardo nell'autorizzazione dei portali italiani e le sfide che ne derivano.

WeAreStarting, nonostante il contesto, si prepara a conformarsi alle nuove regole, enfatizzando miglioramenti e adattamenti per soddisfare le esigenze degli investitori. Allevi rivela anche quali settori stanno attirando maggiormente gli investitori sul loro portale, come hanno affrontato le sfide della raccolta fondi in un ambiente economico in evoluzione, e fornisce consigli preziosi per gli operatori di crowdfunding in Italia che navigano questo periodo di cambiamento normativo.

Scopri come il crowdfunding si evolve e come WeAreStarting si posiziona per guidare questa trasformazione.

Qual è il punto della situazione riguardo all'entrata in vigore del Regolamento Europeo sul crowdfunding in Italia? Perché nessun portale italiano è stato ancora autorizzato?

Purtroppo l’Italia è in forte ritardo, nonostante ci sia stato anche un anno di proroga. Il ritardo è derivato dalla lentezza del processo autorizzativo. Inoltre abbiamo previsto la presenza di due organi di vigilanza, complicando ulteriormente le cose. Ora Consob e Banca d’Italia stanno provando a recuperare, ma finora non è stato sufficiente.

Quali sfide o ostacoli ritieni che i portali di crowdfunding in Italia debbano affrontare a causa di questa mancata autorizzazione?

Purtroppo a soffrire dei ritardi finora è l’intero settore, che è stato penalizzato da un clima di incertezza e che affronterà un rallentamento, se non uno stop totale o quasi, di alcune settimane. In altri Paesi il processo è stato gestito con molta linearità e anticipo. I portali si trovano ora in un contesto competitivo a livello UE dove non solo sono chiamati a mantenere il proprio spazio, ma anche a recuperare il terreno perso.

In che modo WeAreStarting sta preparando la sua piattaforma per adeguarsi alle nuove regole del Regolamento Europeo?

In WeAreStarting abbiamo sempre considerato il contesto normativo nazionale un esperimento temporaneo, dove abbiamo operato in un contesto controllato. Attendevamo l’evoluzione che potesse portare il crowdfunding per le imprese a realizzare il proprio potenziale, portando le opportunità finora riservate alle grandi imprese anche alle piccole e medie imprese, che rappresentano il fulcro dell’economia italiana.Il nostro portale coglierà l’occasione per migliorarsi in questo passaggio, diventando uno strumento in grado di soddisfare ancora meglio le esigenze dell’investitore. Non dimentichiamoci che sono probabili anche altre evoluzioni normative, come quella che riguarderà la dematerializzazione delle quote di Srl, probabilmente entro fine anno. I portali di crowdfunding diventeranno uno strumento sempre più importante e diffuso tra le imprese e tra gli investitori. Per questo diventa essenziale che il portale sia user-friendly e in grado di comunicare con altri sistemi. Negli ultimi tempi abbiamo lavorato proprio in questa direzione.

Quali settori o tipi di progetti stanno attirando maggiormente gli investitori sul vostro portale?

Credo che all’inizio la maggioranza degli investitori fosse attirato dalle imprese operante in settori di moda. Il problema è che tali società spesso si presentano a valutazioni poco interessanti. Le società in settori meno alla moda invece, per raccogliere capitali, devono proporsi a condizioni vantaggiose. Per questo motivo abbiamo puntato su questo tipo di realtà, spesso caratterizzate dall’essere lontane dall’identikit della società che attira la massa. Operanti in settori tradizionali, hardware, con modello B2B, collocate in provincia, senza una community numerosa. Queste sono le società che spesso danno i risultati migliori. Ho la percezione che gli investitori piano piano lo capiscano sempre di più e agiscano di conseguenza. 

Come avete affrontato la sfida della raccolta fondi in un contesto economico e finanziario in evoluzione?

Credo che questi aspetti abbiano certamente avuto un impatto, soprattutto nei momenti di transizione, ma le proposte sui portali si possono adattare rapidamente per rispondere alle necessità degli investitori. Noi abbiamo semplicemente preso atto del fatto che avremmo dovuto porre l’attenzione sulla selezione delle società e verificare che le società adattassero le proprie valutazioni pre-money al nuovo contesto dei mercati. È stato inoltre inevitabile vedere una classica rotazione settoriale, che ha visto ad esempio la sorpresa dell’interesse verso realtà hardware.

Quali consigli o suggerimenti avresti per gli operatori del crowdfunding in Italia che stanno cercando di navigare in questo contesto di cambiamento normativo?

Sicuramente consiglio di costruirsi dei margini di sicurezza, in modo da poter gestire eventuali ritardi o oneri aggiuntivi imprevisti. Inoltre è proprio in queste settimane che stanno emergendo richieste da parte delle autorità incaricate di concedere le autorizzazioni.  Bisognerà essere molto flessibili per accoglierle e adattare vari aspetti del proprio business nel modo più efficiente possibile. Sarebbe stato bello che questo fosse avvenuto con gradualità negli ultimi tre anni, ma non è stato possibile. L’opportunità è veramente importante, quindi ha senso faticare per qualche mese con l’obiettivo di cogliere le opportunità che arriveranno.

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