- 17/02/2023
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Il Fintech italiano ha registrato un cambio di passo nel 2022. Archiviata la fase pandemica, che ha giocato a favore delle startup più efficaci nel fornire servizi da remoto, il settore si appresta a vedere l’evoluzione di alcune di queste verso la fase di scaleup. Il percorso di crescita non è necessariamente un processo lineare, per il quale rimangono essenziali l’innovazione continua e le partnership con banche e industria.
Fintech: l’hub italiano piace ai Venture Capital
La fotografia che presenta l’edizione del 2023 del report di Ernest & Young, “Fintech Waves, the Italian Fintech ecosyst em”, permette di cogliere alcune importanti tendenze in atto nello scenario italiano.
L’indagine, presentata da Clelia Tosi, Head del Fintech District, e Federica Baiocchi, Innovation and Strategic Alliances Manager di EY, ha raccolto le risposte di oltre cento startup attive nel mercato italiano. Il report ha confermato come la crescita sia un fenomeno polarizzato tra le startup, con una decisa concentrazione delle risorse ottenute nelle diverse fasi di finanziamento.
Pur con un netto rallentamento nella crescita, i finanziamenti alle imprese del Fintech hanno raggiunto la soglia del miliardo di euro nel 2022, dopo il balzo dai quasi 250 milioni di euro ai 900 nel biennio precedente. Nel complesso, la raccolta fondi ha registrato un tasso di crescita annuale composto (CAGR), la crescita annua composta, di poco superiore al 60% nel periodo compreso tra il 2016 e il 2022.
Numeri questi che mettono il Fintech italiano in controtendenza rispetto a quello europeo, che ha visto un deciso rallentamento nei capitali raccolti, che dopo il picco dei quasi 29 miliardi di dollari del 2021 dai 10 miliardi di dollari del 2020, è sceso ai 19 del 2022. In Europa, solo la Francia ha registrato un tasso di crescita simile, con la Germania cresciuta di un più modesto 19% e la Spagna in lieve contrazione del 3% nel periodo 2019-2022.
A contribuire a questa performance sono state anche le misure promosse dagli enti locali quali la sandbox regolatoria e la creazione dell’Hub milanese da parte della Banca d’Italia: due strumenti pensati per favorire la sperimentazione e lo sviluppo delle startup del settore. Non a caso, secondo l’EY Venture Capital Barometer 2022, il Fintech è stato la destinazione privilegiata per i finanziamenti in Venture Capital, preferito ai settori Energetico, Sanitario ed Edile, con una quota del 43% dei 1.633 milioni di euro.
Come accennato, la raccolta si è polarizzata su pochi attori principali, con Satispay e Scalapay che, grazie ai nuovi capitali hanno raggiunto lo status di unicorno in meno di dieci anni dalla loro fondazione. Altre scaleup di maggiore dimensione sono True Layer, che opera in ambito Open Banking e Embedded Finance; Soldo, che fornisce soluzioni per il controllo costi aziendale; e Casavo, scaleup del settore PropTech che fornisce soluzioni tecnologiche per il settore edile.
Nel complesso, le prime dieci startup hanno raccolto l'86% dei capitali e solo otto su cinquanta hanno raggiunto un round D nei finanziamenti. La preferenza per le aziende in crescita emerge anche se si osserva come è cambiata la composizione degli investimenti rispetto alle diverse fasi di raccolta, con quella dell’early stage, scesa al 22% del totale, a quella dell’early growth, che coinvolge gli investimenti serie A e B, salita al 37% del totale.
Ben inteso, il reinvestimento dei capitali potrebbe sostituire l’allargamento della compagine azionaria nelle imprese più performanti, a tutto vantaggio dei soci già presenti. Il grande distacco numerico tra startup in pre-seed e quelle che arrivano a questa fase della raccolta lascia tuttavia l’impressione che il contesto italiano debba ancora sviluppare un miglior mercato dei capitali a favore dell’ecosistema delle startup: senza un miglior collegamento tra investitori e startup, il rischio è che molte di queste startup non riescano ad imboccare il percorso di crescita auspicato.
A questo proposito, una nota positiva è l’aumento del peso del Venture Capital internazionale, passato dal 9 al 17 percento nel biennio 2020-2022, a fronte di una diminuzione del 37 percento della quota degli investitori privati, scesi al 15 percento del totale.
I profili professionali più ricercati
Dal report emerge come la crescita organizzativa comporti una maggiore varietà di figure professionali coinvolte. Se i profili legati all’ambito informatico rimangono la risorsa preziosa attorno cui costruire le competenze e sviluppare le tecnologie fintech, lo sviluppo di nuovi prodotti e l’individuazione di nuovi clienti potenziali impone la ricerca di figure di business developer che agevolino lo sviluppo di nuove aree di business durante la fase di crescita.
La compliance normativa è un’altra competenza strategica per le scaleup, con oltre l’87% di queste che contempla una figura dedicata al tema. Il fintech si contraddistingue per l’importanza della normativa in materia, che vede coinvolti attori come l’ESMA, l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, e dall’EBA, l’Autorità bancaria europea, oltre alle Autorità nazionali.
L’attenzione al rispetto di regolamenti e normative è un altro fattore che orienta lo sviluppo organizzativo. Nel complesso, il fintech si conferma un settore giovane, con un’età media degli occupati compresa tra i 27 e i 32 anni; età che sale nel caso dei founder, che tendenzialmente sono professionisti del settore fuoriusciti da grandi imprese per tentare la via imprenditoriale.
Fare rete per crescere
Nove startup su dieci hanno confermato di aver iniziato almeno una collaborazione nel periodo 2021-2022. Queste collaborazioni possono essere intraprese secondo diverse logiche, da una forma di integrazione nel settore di origine all’esplorazione di nuovi settori per estendere le proprie aree di business.
La parte principale delle collaborazioni è rappresentata dalle partnership con gli incumbent finanziari: banche e assicurazioni già presenti sul mercato da molto tempo, per due startup su tre. Seguono le collaborazioni con altre fintech per il 58% degli intervistati, e in scala minore, quelle con altre startup, per il 41%. Le collaborazioni con imprese in altri settori sono state intraprese da una startup su quattro.
Quello delle partnership è un punto tanto strategico quanto delicato che, se perseguito con costanza e direzione, può contribuire non solo alla crescita delle scaleup ma anche all’affermazione delle sue soluzioni tecnologiche in simbiosi con gli altri players. D’altronde, le motivazioni principali per la scelta delle collaborazione sono chiare.
In primo luogo, servono per lanciare nuovi prodotti e servizi, che si vadano ad affiancare a quelli già offerti. Se efficaci, le partnership possono permettere di portare a mercato questi nuovi prodotti e servizi con la sinergia delle altre imprese per la loro distribuzione.
Un secondo motivo è quello dell’aumento dei ricavi, grazie al potenziale aumento dei volumi o a una maggiore redditività del venduto. Non mancano le motivazioni tecnologiche, che puntano sulla possibilità di disporre di competenze specifiche delle controparti.
Nel complesso, il livello di soddisfazione espresso nelle collaborazioni non va oltre il 7 e mezzo su dieci: un risultato che se da un lato lascia ben sperare, dall’altro sorprende se si considera l’importanza strategia delle partnership per la crescita.
I verticali Fintech: maturità e potenziali diversi
Il report ha illustrato un confronto dei diversi segmenti valutati per la maturità del loro sviluppo e il loro potenziale di crescita nel mercato. Lo scenario del 2023 rivela un’interessante evoluzione rispetto alla fotografia scattata nel 2020: i cinque segmenti più promettenti sono quello dei Pagamenti, il più maturo, e del Lending, che presenta le migliori potenzialità di crescita insieme all’Insurtech; il TechFin e il Regtech, benché compresi nel gruppo, sono ad un livello di maturità inferiore, anche a causa delle maggiori complessità tecnologiche e regolamentari affrontate.
Su di tutti, sorprende l’exploit delle startup attive nei pagamenti, come confermano i casi Satispay e Scalapay, mentre il lending, soprattutto quello B2B, ha mostrato una crescita continua nel tempo, come confermano i casi di Opyn, già Borsa del Credito, October e Credimi.
Potenziali di crescita decisamente minori per le startup del crowdfunding, anche a causa del mutato scenario macroeconomico e delle incertezze normative, mentre il segmento criptovalute e finanza decentralizzata (DeFi) sono considerati segmenti ancora giovani, legati all’evoluzione del web3.
La collaborazione tra Fintech e Banche incumbent
A commento della presentazione del report, due panel hanno illustrato i temi principali dell’evento: la collaborazione tra startup fintech e incumbent, le realtà bancarie già presenti sul mercato, e quello dell’Open Banking e dell’Embedded Finance, due tra le principali fintech del lending europeo.
Sul tema della collaborazione si sono espressi Fabrizio Leandri, Chief Lending Officer di Banca Monte dei Paschi e Maurice Lisi, Head of Digital Business per Bper Banca e, dal lato Fintech, Antonio Lafiosca, co-founder di Opyn, e Sergio Zocchi, Ceo di October Italia.
Il panel ha confermato le grandi potenzialità di questa forma di cooperazione che, se perseguita con metodo e costanza, potrebbe generare una sinergia grazie alla quale le banche possono beneficiare dell’apporto tecnologico e innovativo in cambio di migliori opportunità di crescita per le startup. Queste ultime portano in dote una verticalizzazione delle competenze e delle tecnologie, in grado di migliorare aspetti specifici della gestione operativa, in primo luogo quello dell’impatto sulla customer experience, la soddisfazione che il cliente ottiene dall’agilità nell’eseguire le principali operazioni bancarie.
Il tema della collaborazione non è senza ostacoli, il primo dei quali è rappresentato da una cultura bancaria scarsamente orientata all’innovazione di prodotto e di processo.
D’altro canto, le esigenze di efficientamento dei costi in un settore – quello bancario – ad alta intensità di lavoro rendono ancora più attraenti queste partnership per le banche più dinamiche. A queste, si aggiungono le esigenze di migliorare la gestione dei rischi bancari come la selezione delle controparti più affidabili da finanziare o la gestione del rischio di portafoglio: tutte attività che non possono che beneficiare di tecnologie avanzate come quelle che applicano il machine learning e l’intelligenza artificiale ai processi, in grado di permettere una maggiore profondità di analisi e previsione.
In sintesi, alcune startup fintech sono pronte a fare la loro parte per le banche che sapranno accettarla.
Open Banking ed Embedded Finance
Il secondo panel dell’incontro ha affrontato il tema dell’Open Banking e dell’Embedded Finance. Con Open Banking ci si si riferisce alla possibilità di utilizzare softwares che abbiano accesso ai dati di diversi istituti bancari per aggregare informazioni relative a un cliente. Un’azienda che avesse più conti presso banche diverse, ad esempio, potrebbe avere un report unico grazie a questi strumenti informatici.
Il termine Embedded Finance invece, indica la possibilità che imprese industriali offrano servizi finanziari alla stregua degli istituti di credito. Ad esempio, grazie alla finanza integrata una grande impresa potrebbe erogare finanziamenti ai propri fornitori o distributori lungo la catena del valore e assicurarsi una maggiore stabilità dei cicli produttivi. Open Banking ed Embedded Finance sono un ulteriore ambito di collaborazione possibile per le startup Fintech e le banche o le grandi imprese.
Nel panel sono intervenuti Pietro Menghi, CEO di Neosurance, startup Insurtech, Federico Roesler Franz, General Manager per l’Italia di Solaris, che permette alle aziende di fornire servizi finanziari anche senza avere una propria licenza, Giulio Rattone, Head of Open Banking di Fabrick, Fintech dedita a soluzioni per l’Open Banking, e Paolo Zanchi, direttore generale di FNMPAY, provider di soluzioni per la gestione dei pagamenti.
Anche in questo panel è emerso come punto critico la collaborazione tra Fintech e banche. In particolare, è stata esplorata l’esigenza di coinvolgere queste ultime nella condivisione dei propri dati per avviare anche in Italia un mercato, quello dell’Open Banking e della Finanza Integrata, che è stimato crescere dai 43 miliardi di dollari nel 2021 ai 7 mila miliardi nel 2023. Se da un lato, la spinta normativa costituita dalla PSD2 ha favorito l’avvio di questi progetti, la differenza dei regolamenti tra i vari paesi europei e la renitenza delle banche a diffondere i loro dati con dei potenziali partner rendono questo avvio ancora lento.
Conclusioni
Partnership e collaborazione sono il leit-motif della presentazione del report di EY, “Fintech Waves 2023”. Sebbene i numeri siano ancora bassi, le partnership tra le principali startup e scaleup del fintech e le banche e imprese già sul mercato è il prossimo passo necessario per permettere che l’ecosistema finanziario si rinnovi e strutturi.
Il rapporto ha le potenzialità di avviare una sinergia utile ad entrambe le parti con un proficuo trasferimento di competenze tecnologiche, a tutto vantaggio dell’esperienza di acquisto dei clienti finali. La nota positiva rispetto all’indagine del 2020 è l’accresciuta diffusione di competenze legali e normative tra le fila del personale delle realtà fintech, che potrebbe favorire un dialogo comune con le banche partner e garantire loro una maggiore redditività dei nuovi prodotti e servizi.
Queste ultime, d’altro canto si trovano di fronte alla necessità di prendere atto che la trasformazione digitale può apportare benefici alla cultura aziendale nel momento in cui i modelli di business e organizzativi storici vengono rivisti alla luce dei benefici in termini di efficacia ed efficienza operativa.