Una soluzione per gli insoluti, ovvero come rendere smart il recupero crediti

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Ritardo nei pagamenti, conseguente rischio di insoluto e mancata opportunità di crescita: questa potrebbe essere la fotografia di milioni di imprese, italiane ed estere, alle prese con una situazione globale di cattiva gestione del credito. Per una volta siamo di fronte a una situazione irregolare che accomuna tanti imprenditori, nella duplice veste di creditori o debitori.

NPE: un mercato molto florido

Non si tratta infatti di un fenomeno isolato o circoscritto ad alcune aree: le Non Performing Exposure (NPE) valgono in Europa qualcosa come 870 miliardi di euro (dati Intrum ed Eos elaborati da Creopay). Di queste NPE l'8% sono in Italia, è pari a un valore di 70 miliardi di euro, con una percentuale di recupero che fino ad oggi è appena del 12% a fronte di costi del 10%. Questo significa che nel nostro Paese si spendono 7 miliardi per recuperarne 8,4 e ben 61,6 miliardi vanno perduti.

L'Italia, del resto, è da tempo un protagonista in negativo rispetto al tema della puntualità dei pagamenti in Europa: è al 13° posto, prima di lei Paesi come la Polonia (1°), la Slovenia (7°), l'Irlanda (8°) e il Belgio (12°). Questi sono i dati dello Studio Pagamenti 2019 effettuato da CRIBIS, la società del Gruppo CRIF specializzata nella business information, che ha analizzato i comportamenti di pagamento di 32 Paesi nel mondo, di cui 22 europei. Da questa analisi si evince che in Italia nel 2018 soltanto il 35,5% di imprese ha rispettato i tempi concordati e l'11,5% di aziende salda i conti con ritardi superiori ai 30 giorni.

Salvaguardare il rapporto con i clienti

E nemmeno oltreoceano si è immuni da questa dinamica. Una ricerca di Pymnts ha infatti evidenziato per i soli Stati Uniti una realtà di pagamenti B2B ritardati e in ritardo pari a 3,1 trilioni di dollari bloccati nei crediti, con le aziende disposte a estendere i termini di pagamento e il credito pur di mantenere viva una partnership commerciale. Un commentatore come il cofondatore e vicepresidente dello sviluppo aziendale di CollBox, Matt Darner, ha segnalato che le piccole imprese statunitensi vedono ogni anno circa 150 miliardi di dollari di crediti trasformarsi in crediti che non è stato possibile recuperare.

Si può capire come un tale onere del flusso di cassa gravi pesantemente sul business delle piccole imprese. Gli imprenditori non possono certo eliminare questo rischio, ma devono per quanto possibile gestire la negoziazione con metodi e strumenti che aiutino a produrre obiettivi e azioni efficaci, anche per costruire relazioni solide e durature con i propri clienti.

Non sempre l'outsourcing è consigliato

Come regolarsi però per non perdere tempo, soldi e opportunità di sviluppo? Molte piccole imprese finiscono per cedere alla pressione di termini di pagamento più lunghi, in quanto l'applicazione di tempi di pagamento più brevi potrebbe compromettere il rapporto commerciale. Oppure utilizzano soluzioni di finanziamento esterno (factoring o altro strumento di finanziamento delle fatture), strumenti che possono essere d'aiuto per proteggere il proprio flusso di cassa. Ma una dipendenza eccessiva dal factoring può rafforzare le cattive abitudini dei clienti nei ritardi di pagamento.

Sarebbe importante, invece, non solo inseguire una fattura non pagata, ma anche comunicare con quel cliente per capire perché paga in ritardo, per trovare magari una soluzione e costruire una relazione più forte. Ecco perché la prassi molto diffusa di utilizzare l'outsourcing per gestire le NPE è poco efficiente oltre a essere costosa: il circolo vizioso consiste nello sforzo di avere informazioni aggiornate sui clienti, portandoli però a non poter “rispondere” perché non hanno strumenti immediati per agire. La mancanza di dati da elaborare nelle informazioni e l'impossibilità di intraprendere azioni basate su queste informazioni che permetterebbero di conoscere davvero i clienti, sta in definitiva danneggiando tutti, in un processo di raccolta tradizionale costoso e inefficace.

Saldare un debito in maniera automatica e personalizzata

C'è poi da considerare anche il rovescio della medaglia, ovvero tutti quei debitori che vorrebbero trovare una soluzione rapida e personalizzata per risolvere i loro crediti deteriorati, onde evitare interruzioni di servizi, pagamenti di more e interessi, segnalazioni nelle centrali rischi e un successivo maggior accesso al credito.

Il 95% dei consumatori o utente si dice infatti disposto a pagare, pur non essendo grado di farlo perché mancano soluzioni “customer-centric” in grado di adattarsi alla singola complessità in modo rapido, efficace e agile. Il settore del recupero stragiudiziale soffre in effetti di una rilevante lentezza burocratica: le procedure sono complicate e onerose, per il tempo che richiedono, il costo e per gli effetti che hanno sul cashflow dell’azienda, potenzialmente penalizzato dall'impossibilità per la stessa di agire immediatamente fornendo al cliente (perché ancora lo è) una soluzione di pagamento alternativa, rapida, immediatamente riconciliata, e che può essere eventualmente sostituita alla prima nel contratto.

Il modello customer-centric di Creopay

Una possibile risposta a questo scenario e a queste esigenze è quella proposta da Creopay, uno strumento fintech che può funzionare in maniera stand alone rispetto ai sistemi gestionali aziendali. Come funziona? Una cloud application permette di sostituire la fonte di pagamento abbinata al cliente con un’altra, anche nell'esatto istante in cui la principale non funzioni, con una procedura assolutamente ease-to-use, sia per l’operatore che per il cliente finale, legally compliant e perfettamente riconciliato con la causale.

Creopay con un click può gestire migliaia di clienti, permettendo all'azienda di raggiungerli attraverso messaggi “push” in multicanalità, dal contenuto personalizzabile, con all'interno un link al digital Pos di Creopay. In questo modo il cliente debitore non sarà più oggetto della collection, ma potrà ricevere un supporto e scegliere un metodo di pagamento alternativo, in modo che l’azienda possa immediatamente recuperare il dovuto. Con le procedure tradizionali di collection i soldi sarebbero finiti nelle casse del “servicer” e solo successivamente in quelle dell'azienda, decurtati ovviamente di success fee.

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Maria Comotti

Giornalista professionista si occupa del mondo fintech raccontando le principali tendenze e analizzandone i differenti servizi per proporre una chiave di lettura accessibile a tutti.

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