- 29/11/2019
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Piaccia o no reperire i finanziamenti per crescere e scalare è una delle principali attività alle quali ogni startup deve allocare una parte fondamentale delle proprie energie. Dedicarci solo pochi mesi all'anno o, in concomitanza del fabbisogno reale e imminente, rende le azioni di reperimento fondi confuse, portando i founder ad accettare talvolta condizioni sfavorevoli alla vita, e all’equity story, dell’azienda perché costretti dal momentum.
Il grande sbaglio che si fa spesso durante un round è pensare che un investitore possa essere interessato ad investire dal momento esatto in cui è entrato in contatto con l’azienda.
Quando ci si confronta con il mercato dei capitali privati bisogna tener conto di molti fattori e saper raccontare, non solo la propria azienda, ma anche e soprattutto il percorso fatto nel portarla fino a quel momento lì, davanti a quel determinato investitore. Poco importa che l’investitore sia fisicamente al tavolo di un ristorante, a pranzo, o seduto in una platea in mezzo ad altri cento ad ascoltare il pitch, o comodamente sul divano di casa mentre sta girando tra le campagne di 200crowd.com per scegliere il prossimo unicorno.
In quel momento bisogna saper comunicare il processo, la storia, la fatica, le scelte e le motivazioni che portano quell'azienda a chiedere esattamente quella cifra, per sviluppare il business e farla scalare, in quel determinato momento.
Il termine con cui identifichiamo la capacità di servirsi di una storia per trasmettere delle informazioni e interessare un interlocutore, in Italia, lo abbiamo importato dall'inglese ed è identificato come: storytelling.
Alcune ricerche inerenti al campo delle neuroscienze hanno dimostrato che è possibile riscontrare l’efficacia dello storytelling anche da un punto di vista biologico e cerebrale. Uri Hasson, neuroscienziato dell’Università di Princeton nelle sue ricerche ha registrato l’attività cerebrale di un soggetto che narra un racconto improvvisato di vita reale e di altri soggetti che ascoltavano la narrazione di questo racconto, dimostrando che durante il racconto, i cervelli del narratore e degli ascoltatori ragionavano secondo schemi condivisi e temporalmente allineati: un fenomeno definito neural coupling che, tradotto letteralmente significa “accoppiamento neurale” (sono gli stessi neuroni che trasmettono all'interno delle specie gli istinti primordiali, gli stessi che ti fanno sbadigliare, quando qualcuno sbadiglia).
Per dimostrare il potere dello Storytelling, ci sono stati altri esperimenti sociologici, alcuni molto interessanti come quello condotto da Walker e Glenn nel luglio del 2009, due giornalisti e narratori che decisero di rispondere ad una domanda che li tormentava da tempo: Può una grande storia trasformare una cianfrusaglia senza valore un un oggetto significativo? L’esperimento durò cinque mesi: Walker e Glenn chiesero ad amici e conoscenti di scrivere una storia coinvolgente su alcuni oggetti di poco valore (palle di pezza, pupazzetti, etc..) e di mettere questi oggetti in vendita su Ebay, usando come didascalia i racconti da loro scritti. Il risultato? Il ricavato superò i 3.500 dollari, 36 volte in più rispetto al reale valore degli oggetti.
Lo storytelling ci aiuta quindi ad entrare in forte connessione con il nostro interlocutore, un aspetto molto importante negli investimenti ad alto rischio, come quelli in equity crowdfunding, dove la parte emozionale gioca un ruolo fondamentale nella scelta del proprio portfolio. Al netto delle regole base di diversificazione che ogni buon investitore dovrebbe seguire è proprio l’emozione che spinge ad affidare i propri soldi ad imprenditore piuttosto che ad un altro, avendo pochi strumenti oggettivi a disposizione, o per meglio dire meno precisi e approfonditi di quelli che si possono avere su altri strumenti finanziari.
Questo diventa ancora piĂą vero nelle raccolte fatte attraverso campagne di equity crowdfunding, tutte effettuate attraverso un portale digitale, dove investitore e imprenditore probabilmente non si incontreranno mai fisicamente in tutta la loro vita.
Sono molti gli strumenti a disposizione per ovviare alla distanza fisica e vanno coordinati in maniera sinergica e strategica. Elemento fondamentale che aiuta in questo è il video della campagna che ripercorre in pochi minuti tutta la storia dell’azienda, ponendo l’accento su elementi fondamentali da valutare nelle diverse fasi di vita dell’azienda (es. nella fase pre-seed e seed l'elemento fondamentale è il team ed è quindi importante dare spazio alle key people della startup, nella fase early growth alle validazioni economiche del business model e quindi il focus va fatto sulle metriche aziendali) fino ad arrivare alla Call To Action all'investimento. Il video da solo non basta, quindi è importante che lo Storytelling sia parte integrante anche degli altri touch point con cui l’investitore entra in contatto con l’azienda, come: le pagine Linkedin dei founder e del team o gli articoli su testate specializzate o generaliste. La storia dell’azienda deve permeare ogni canale ed essere coerente nei vari punti.
Secondo una ricerca di Solve Media, LLC, la probabilità che ha una persona di sopravvivere ad un incidente aereo è 475 volte quella che ha di premere su un banner pubblicitario online durante la navigazione. Questo dimostra ulteriormente quanto l’affidarsi unicamente alle spese di advertising pubblicitario non avrà conversioni dirette se prima non è stata creato un percorso narrativo sull'azienda che porta l’investitore a conoscerla, prima ancora di cliccare su un banner.
Andare oltre lo storytelling, fare entrare nella storia l’investitore
Anche usando la migliore ars oratoria, per creare un viaggio serve un punto di partenza e uno di arrivo. Mark Suster, oggi investitore, prima imprenditore di successo sintetizza questo concetto in un frase molto semplice ma spesso sottovalutata da chiunque fa fundraising: Invest in lines, not in dots (Investite in linee, non in punti)
“La prima volta che ti incontro, sei un singolo punto dati. Un punto. Non ho alcun punto di riferimento da cui giudicare se sei stato più in alto sull'asse y 3 mesi fa o meno. Poiché non ho punti di osservazione del passato, non ho idea di dove sarai in futuro. Pertanto, è molto difficile impegnarsi a finanziarti”
Portare l’investitore ad essere parte della Storia dell’azienda non serve unicamente a convincerlo a finanziarla, ma a farlo diventare parte integrante dello Storytelling, facendolo diventare un ulteriore touch point per i prossimi investitori, o un’altra Storia da raccontare a chi vi conosce per la prima volta. Per riuscire in questo scopo bisogna prima di tutto essere trasparenti: "Non abbiamo ancora spedito il prodotto, abbiamo ancora molte decisioni da prendere, ma vorremmo mostrarti il ​​nostro prototipo". Condividere i dubbi e gli aspetti critici su cui prendere decisioni importanti non rende una Startup o un imprenditore meno preparato ma attento e consapevole.
Lanciare una campagna di crowdfunding significa concludere l’ultimo atto di una narrazione partita mesi prima, aprire un'opportunità di investimento ad una community (fatta da investitori, clienti e partner) che sono già parte del percorso dell’azienda e che dovrà essere raccontata, grazie allo Storytelling, a tutto il “crowd” che da quel momento diventerà anch'esso un altro piccolo pezzo della Storia, pronta ad essere raccontata nel prossimo round.