Soisy: la storia dietro 3 campagne di equity crowdfunding di successo

Soisy la storia dietro 3 campagne di equity crowdfunding di successo

Come dice il proverbio? “Non c’è due senza tre” e Soisy l’ha preso alla lettera: il marketplace fintech che mette a disposizione pagamenti rateali per gli acquisti sugli ecommerce in tre anni ha lanciato tre campagne di equity crowdfunding su Two Hundred, con raccolte da oltre un milione di € e che si avvicinano o superano i 2 milioni di €.

Qual è stato il segreto di Soisy dietro a queste 3 campagne?

Lo abbiamo chiesto direttamente a Pietro Cesati, CEO e founder di Soisy.

Chi è e cosa fa Soisy?

Soisy è due cose insieme: è uno strumento di pagamento per gli e-commerce, attraverso cui i clienti finali di uno store online possono acquistare adesso e pagare nel tempo in comode rate, di fatto prendendo un prestito.

E poi è uno strumento di investimento: permettiamo a investitori privati di finanziare questi prestiti, in modo che possano guadagnare loro un rendimento. Di fatto non siamo una banca e permettiamo a investitori privati di esserlo, proprio per questo motivo questo business è conosciuto come prestiti tra privati.

Qual era lo stato di Soisy prima della prima campagna di equity crowdfunding? A che punto della sua crescita si trovava?

Avevamo appena validato il nostro modello di business e avevamo un buon tasso di crescita, ma eravamo anche davvero piccoli, transavamo in un trimestre quello che ora transiamo in una settimana. Era anche la prima volta che provavamo una campagna di crowdfunding e non sapevamo davvero cosa aspettarci.

Cosa vi ha spinti a fare una seconda e poi una terza campagna?

La necessità di fare investimenti sempre maggiori in un mercato in continua crescita. Lavoriamo costantemente al miglioramento del prodotto, e per farlo c’è bisogno di investimenti, così come è necessario investire anche sulla parte di marketing e vendita. D’altro canto si tratta di investimenti che ripagano, nel primo trimestre siamo cresciuti ancora del +140% sull’anno precedente.

Quanto lavoro si cela, per l'azienda, dietro a una campagna di equity crowdfunding?

È un lavoro grande, è fuor di dubbio: quindi fatelo, lo ripeterò sempre, perché è un’opportunità grandissima per portarsi a bordo competenze e relazioni di valore oltre che capitale, ma fatelo con consapevolezza: sappiate che impegna almeno uno dei founder quasi a tempo pieno, almeno per le presentazioni e incontri 1-2-1, distraendo moltissimo dal business as usual: per questo è importante avere un team coeso che riesce a mandare avanti il business, nonostante l’assenza per un paio di mesi o più di uno o due persone del team durante la campagna.

E poi non è che finita la campagna, finisce tutto, anzi: ci sono gli aggiornamenti trimestrali e le relazioni da mantenere, che con oltre 600 soci diventa abbastanza impegnativo, ma, come ho detto prima, quel che l’azienda ne guadagna è assai maggiore, e non solo i termini prettamente economici.

Qual è stata la differenza (in termini di lavoro e di impegno) tra ogni campagna?

La prima è stata un’esperienza del tutto nuova e che ci ha coinvolto a tempo pieno, da molti mesi prima ai successivi post campagna, quasi un semestre direi; ma da lì abbiamo fatto esperienza e anche imparato a dosare l’effort e a metterci quello giusto, con maggiore focus sui dettagli che fanno davvero la differenza, quindi l’ultima è “filata liscia come l’olio” e in un paio di mesi è andata.

Uno cosa curiosa è stata la differenza tra la campagna pre-pandemia e l’ultima che abbiamo gestito totalmente da remoto: noi lavoriamo da remoto dal 2016 e siamo abituati a gestire tutto online, ma ad esempio siamo passati da incontri reali e cene con potenziali soci a eventi 1-2-1 online o il formato “Col-azioni virtuali” -che facevamo ogni mattina e chiunque voleva poteva collegarsi- dell’ultima campagna.

Cambiano i formati ma non le esigenze: i potenziali investitori hanno bisogno di conoscere i founder, la storia e il bisogno di mercato che soddisfiamo, e solitamente il pitch e i documenti economici sulle piattaforme di crowdfunding non gli bastano: vogliono instaurare un rapporto diretto con le persone del team che andranno a finanziare... d’altronde è anche questo il bello del crowd, no?

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