- 29/01/2020
Una startup, secondo Steve Blank è un’azienda in una specifica fase transitoria alla ricerca di un modello innovativo di business scalabile e replicabile.
Questa condizione pone la startup in una costante esigenza di fundraising, fondamentale per la sopravvivenza, finché non si è raggiunta quella fase di stabilità e organizzazione che le permetterebbe di sviluppare il proprio modello innovativo sull'intero mercato potenziale.
Raccogliere investimenti è quindi un processo naturale per chi opera in questo mercato e struttura la propria azienda per scalare e andrebbe quindi considerata nelle funzioni aziendali fondamentali. Di contro, chi investe in questa tipologia di asset class, conosce bene il fabbisogno di liquidità di queste strutture e ne comprende le dinamiche di ritorno e rischio, con un orizzonte temporale di lungo periodo. Essendo uno strumento molto illiquido, non avendo un mercato regolamentato di scambio, è molto complicato per l'investitore trovare punti di riferimento e costruire un deal flow costante e di qualità che porti delle corrette opportunità di investimento.
Per questo motivo, molti investitori si aggregano in gruppi, per condividere non solo il deal flow di opportunità ma anche per mitigare il rischio e apportare maggiori disponibilità ai singoli round, unendo le risorse a disposizione. Oltre ai gruppi, uno strumento che aiuta molto un investitore che bilancia il proprio portafoglio con investimenti in finanza alternativa sono le piattaforme di equity crowdfunding, le uniche in Italia, autorizzate dalla CONSOB e consultabili nell'apposito registro a poter emettere strumenti finanziari sottoscrivibili online che permettono l’acquisizione di capitale di aziende private.
Che tu sia un investitore in cerca di un’opportunità o un'azienda in cerca di fondi, l’obiettivo è il medesimo e alcune abitudini nei comportamenti e nelle scelte dei canali presidiati possono aiutare e facilitare l’incontro, con mutuo beneficio.
Abbiamo deciso di studiare delle best practice di percorso che ogni azienda dovrebbe seguire, per incontrare il proprio investitore e raggiungere insieme “l’exit”.
Studio: l’investitore target
Conosciamo tutti le varie fasi di vita di una startup, in relazione al proprio momentum di investimento: pre-seed, seed & growth. In ognuna di queste fasi intervengono investitori diversi, con diversi tagli, con diversi orizzonti di investimento ed aspettative.
Normalmente nel pre-seed gli investitori principali saranno i founder stessi, le cosiddette 3F (family, friends & fool), nella fase seed troveremo già alcuni business angel, singoli o in gruppo, e nel Growth si inizia a confrontarsi con fondi più strutturati, con metriche ben precise e tempi di ritorno più stringenti, fermo restando che il crowdfunding si è dimostrato un utile supporto ad ognuno di questi livelli con raccolte da 50.000 euro fino ad oltre i 3.000.000€.
Oltre a questo tipo di targetizzazione è utile, soprattutto in fase embrionale, studiare che tipologia di investitore è utile nella fase di crescita della startup. Un business angel può essere un ex-imprenditore nel settore di riferimento della startup e quindi anche molto utile per azioni di networking (soprattutto per accordi commerciali se l’azienda opera prettamente in ambito B2B) o solo un investitore finanziario, quindi maggior capitale, meno domande, e meno operatività.
La piattaforma di equity crowdfunding può avere un vantaggio in qualche settore specifico, il fondo può essere molto verticale su uno o più settore (in questi due casi sicuramente la preparazione della documentazione e del team deve essere di altissimo livello) o con un taglio più generalista.
Alla startup potrebbe essere utile creare un percorso di crescita che porti ad un’integrazione all'interno di una corporate perché superati certi limiti di sviluppo, per aggredire adeguatamente un mercato l’importanza delle economie di scala diviene imprescindibile per la sopravvivenza dell’azienda o semplicemente perché il servizio creato dalla startup va a migliorare quel processo di un incumbent nello stesso settore che è molto più lento a creare nuova tecnologia, chiudendo perfettamente la filiera di open innovation tanto agognata, anche qui, da entrambi i lati. Insomma, oltre che alle “Personas” per definire i prospect, una startup dovrebbe creare la propria mappa di “Investitores.”
Ricerca: i touch point in cui interagire
Come già detto, sia l’investitore che la Startup, cercano entrambi la migliore opportunità e per farlo utilizzano gli stessi canali, solo in maniera opposta, ad ogni CEO nella descrizione del profilo di LinkedIn, corrisponde almeno un Business Angel/Investor. Ogni social è di per sé un motore di ricerca; inseriamo informazioni che ci descrivono che sono filtrabili attraverso i moduli di ricerca e ci collocano all'interno di un target.
Ogni founder sa che il proprio Personal Brand si riflette sulla buona riuscita della propria azienda, infatti nelle prime fasi è proprio la credibilità e lo storico dei founder a fare da garanzia ai primi investitori. Quello su cui si riflette meno è che quando strutturiamo un canale, ne costruiamo anche l’audience e quindi anche tutte le connessioni che aggiungiamo vanno a muovere l’algoritmo di esposizione dei nostri contenuti e post, limitando magari l’interazione con quei contatti che più ci interessano.
Oltre al canale di connessioni professionali per eccellenza esistono nicchie molto interessanti in cui la propria presenza, come startup, dovrebbe essere curata e in cui è possibile trovare investitori che si fregiano di questo ruolo. Una buona pagina di Crunchbase, aggiornata, e un bel profilo su F6S sono un ottimo biglietto da visita per l’investitore avvezzo alla ricerca online. Senza trascurare ovviamente AngelList, la più grande community di investitori al mondo. Se invece il proprio obiettivo è quello di privilegiare il canale di investimento aziendale i database pubblici sono un buon punto di partenza, per scremare le aziende in forte crescita ed espansione con propensione alle partecipazioni. Quest’ultimo è un canale molto più arduo da percorrere, ma che può regalare soddisfazioni importanti.
Non ultimo, la presenza a eventi di networking è importante, ma non bisogna credere che sia un punto di arrivo per ingaggiare il proprio investitore, bensì un punto di partenza che porta ad una relazione da coltivare in maniera quotidiana, attraverso i canali digitali che oggi abbiamo a disposizione.
Conversione: momentum dell'azienda
Come abbiamo visto, ci sono diverse tipologie di investitore, con diversi tagli di investimento e con diversi orizzonti temporali. Ognuno di essi investe in tempi diversi, ma c’è un tempo in cui ognuno di loro non investirà mai e cioè: il momento in cui ti ha conosciuto. Nessun investitore, o quasi, investe nel momento ZERO, deve documentarsi, capire e conoscere le prospettive di crescita e ritorno; e anche un po’ fidarsi.
Ogni investitore inoltre investirà in fasi diverse della vita di un’azienda, per propensione al rischio e disponibilità finanziaria. Quindi è inutile concentrarsi sui fondi di investimento se prima non si è validato il proprio modello di business in maniera stabile, con delle revenue strutturate e solide; ma è altrettanto inutile non iniziare fin da subito un percorso di contatto e di equity story che non ne preveda l'entrata in scena in una determinata fase.
In questo le raccolte di equity crowdfunding aiutano molto perché fungono da collante tra diverse tipologie di investitore accorciando i tempi di entrata di uno e dell’altro, facendo investire i propri “Friends” insieme magari ad un fondo o ad un gruppo di business angel. L’importante è che ognuno di questi attori venga stimolato prima del momento di investimento.
Follow-on: non si smette mai di raccogliere
Una startup ha continuo bisogno di investimenti per sopravvivere e sviluppare i propri piani, anche dopo aver effettuato l’ultimo round di finanziamento, bisogna già essere all’opera per costruire il successivo. In certi sensi, ogni round costruisce il successivo, per successo, per struttura di capitale e per risorse finanziarie raccolte per sviluppare il business, oltre che per tipologia di investitore portato a bordo.
L’atto di follow-on, di re-investimento ad un fase successiva, è una vittoria sia lato startup che investitore, perché entrambi ne hanno mutuo beneficio. In questo la comunicazione da parte delle aziende con i soci è fondamentale e va strutturata in maniera adeguata in una buona strategia di fundraising. I canali sono molteplici e dipendono anche dalla propensione di entrambe le parti. La cosa certa è che forse è la cosa più importante di tutte, come un nuovo cliente acquisito, l’investitore ha bisogno di un programma ad hoc per rimanere informato e fedele all'azienda. Perché alla fine, è più facile far reinvestire qualcuno che ha già creduto in voi, piuttosto che cercare un nuovo investitore.