P2P lending: un modo per diversificare il proprio portafoglio?

P2P lending

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I sacri testi di banca parlano di due tipi di soggetti che si rivolgono alle banche: le unità in surplus e quelle in deficit.

Le prime hanno un risparmio positivo, ossia spendono meno di quello che guadagnano. Le seconde hanno necessità finanziarie che superano i loro risparmi.

La banca, come intermediario, raccoglie denaro dai primi e lo presta ai secondi trasformado rischi, scadenze e liquidità. Fondamentale in questa attività diventa la valutazione del merito creditizio del richiedente dei fondi. Questo è quanto accadeva e accade ancora oggi. Vediamo cosa cambia con l'arrivo del peer-to-peer (P2P) lending.

Non sai di cosa stiamo parlando? non ti preoccupare, noi siamo qui apposta, ecco a te un video introduttivo che parla del p2p lending, anche chiamato social lending.

Il P2P lending quindi fondamentalmente un prestito tra privati, senza che nel circuito "datore-prenditore di fondi" si inserisca una banca (almeno con le funzioni sopra descritte).

Un briciolo di storia e cosa succede oggi

Sempre i sacri testi raccontano che una delle ragioni per cui la banca esiste è che, mettendosi nel mezzo tra prenditori e datori di fondi, riesce ad allocare in modo efficace le risorse. Che sia vero oppure no, lo lascio stabilire a voi. Io una mezza idea me la sono fatta, ma la tengo per me. Senza un intermediario, quindi, sarebbe difficile per chi ha del denaro riuscire a prestarlo. Senza un intermediario sarebbe difficile per chi ha necessità poter raccogliere fondi. Vi lascio immaginare quanto tempo e risorse, si dovrebbero impiegare per trovare il giusto match tra chi presta e chi chiede fondi (pensiamo solo al match di tre aspetti: importo, durata e rischio). Un sistema di matching diretto, quindi, è impossibile da sostenere: richiederebbe troppo tempo e sarebbe estremamente costoso. 

Cosa c'entra il P2P lending in tutto questo? La finanza è buon senso, è ricerca dell'efficienza. In passato si era soliti raggruppare "domanda" e "offerta" in luoghi fisici che altro non erano se non le piazze delle città. In seguito sono nate le borse valori dove chi comprava trovava chi vendeva e viceversa. Il soggetto in surplus, però, non si metteva ad urlare in piazza che aveva del denaro da prestare. Così come chi era in deficit manteneva una certa riservatezza sulla propria situazione finanziaria. Entrambi andavano in banca e trovavano risposta al loro bisogno. Oggi possono ottenere lo stesso risultato attraverso un marketplace, ossia un luogo virtuale gestito da un intermediario abilitato.

Come si coglie, un intermediario che "si metta in mezzo" serve, sempre e comunque. Solo che la sua funzione di intermediazione la svolge in altro modo. Come un moderno banditore (telematico), comunica al mercato che ci sono soggetti disposti a prestare i propri denari e soggetti che necessitano di fondi. Sulla bacheca virtuale appaiono queste informazioni, così che domanda e offerta si possono incontrare. 

Cosa accade nel marketplace

Non dobbiamo pensare che in un marketplace ci si limiti solo a mettere in contatto domanda e offerta di fondi. Sarebbe riduttivo e di scarso valore aggiunto. Chi gestisce il marketplace (che sia un istituto di pagamento o una impresa vigilata da Banca d'Italia vuol dire rispettare norme stringenti adottate per massimizzare la qualità e la sicurezza dei servizi offerti dalla società), svolge diverse funzioni:

  • Mette in contatto domanda e offerta di credito;
  • Valuta il merito creditizio del richiedente dei fondi e la rischiosità del progetto che vuole finanziare;
  • Gestisce i flussi di denaro in entrata e in uscita (trasferimento fondi e rimborso delle rate);
  • Gestisce eventuale necessità di recupero crediti;
  • Offre un servizio di supporto al cliente;
  • Organizza e gestisce il mercato secondario dei prestiti in essere.

Come detto il gestore del marketplace (GdM) non presta denaro direttamente, ma si pone come intermediario. Pertanto quando si sente parlare di disintermediazione sarebbe più opportuno specificare che si tratta di disintermediazione bancaria (per quello che riguarda la funzione creditizia), visto che comunque un intermediario è presente. Inoltre bisogna tener conto del fatto che il denaro che si vuole prestare affluisce su un "conto deposito" di una banca tradizionale (la banca depositaria). Per cui, almeno per ora, della vecchia banca non possiamo fare a meno. Il sospetto è che le banche tradizionali saranno in qualche modo relegate a svolgere funzioni noiose e costose, mentre le imprese fintech godranno del valore aggiunto che creano per i clienti (rapidità, bassi costi, migliore esperienza d'uso e trasparenza).

Quanto costa? e quanto rende?

Quando prestiamo denaro incorriamo nel cosiddetto rischio di credito, ossia nella possibilità che colui al quale prestiamo non restituisca, nei tempi e nei modi previsti, il proprio debito. Questo vale anche per i correntisti bancari che, anche se in maniera indiretta, sopportano questo rischio. Mentre vale in maniera diretta nel caso del P2P lending. Per quanto il GdM possa svolgere un'attenta valutazione del merito creditizio, il rischio di credito non può essere azzerato. Nonostante ciò, nulla vieta di considerare questa possibilità di investire online come una possibile forma per diversificare il proprio portafoglio (parlo naturalmente dell'unità in surplus). 

Le soluzioni di investimento sono tutte più o meno valide, ciò che è fondamentale è capire come funzionano, i rischi che comportano e se gli stessi sono accettabili. Una volta chiariti questi punti e una volta raggiunta la consapevolezza della decisione, si può procedere. Lungi da me voler suggerire una forma piuttosto che un'altra d'investimento. Voglio, però, evidenziare una cosa. Il costo e il rendimento (che ex-ante è sempre atteso) del P2P lending. 

Partiamo dal costo per chi chiede un prestito. Il tasso di interesse pagato dal prenditore dipende sostanzialmente da due fattori: il livello dei tassi (in questo periodo storico prossimo allo zero), e il rischio specifico dell'operazione (controparte). Dobbiamo tenere presente che la struttura di costo di chi gestisce il marketplace è piuttosto snella e questo consente di caricare meno costi sui tassi di interesse pagati dai prenditori di fondi. Anche la gestione del prestito con la cosiddetta "istruttoria di fido" è più rapida e meno costosa rispetto a quella bancaria. 

Discorso simile per quanto riguarda il datore di fondi: in un momento storico di "tassi a zero", lasciare i propri risparmi su un conto o in un deposito rendo molto poco. In sintesi: se presto posso aspettarmi un rendimento atteso più alto rispetto al deposito bancario; se richiedo un prestito potrei pagare qualcosa in meno rispetto al debito bancario. 

Ma come campa chi gestisce tutto il progetto? tramite l'applicazione di commissioni: fisse o calcolate su quanto intermediato o sugli interessi pagati dai debito e incassati dai prestatori. Da notare che il costo non è necessariamente il driver per rivolgersi alle soluzioni di P2P lending disponibili attualmente sul mercato. Può capitare che il prenditore non sia gradito al sistema bancario, o non vi possa più accedere. Il fattore tempo è un elemento determinante. Spesso i tempi bancari non sono compatibili con le necessità del prenditore di fondi. 

Come andrà a finire?

Difficile da dire. Il peer-to-peer lending sembra funzionare piuttosto bene per importi contenuti (sia dal lato del dare che dell'avere) e per forme di finanziamento standard. Certamente è un fenomeno che si sta sviluppando in Italia e, fiscalità a parte, è piuttosto interessante. Le campagne sui social e le iniziative "istituzionali" stanno diffondendo la conoscenza dello strumento. La possibilità di prestare anche poche centinaia di euro sarà di aiuto a chi, ancora titubante, vorrà provare a prendere confidenza con questa nuova forma di finanziamento. Più difficile, almeno nel breve termine, è immaginare un peer-to-peer leending per importi particolarmente elevati o per soluzioni di prestito taylor made. Ma la tecnologia ci ha sorpresi, per cui meglio non fare affermazioni definitive. 

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Egidio Forni

Appassionato di F1, mi interesso alla finanza e al rapporto tra psicologia e finanza. Sono affascinato dal mondo FinTech. Ho svolto, e continuo a svolgere, attività di docenza su temi legati alla finanza e agli investimenti.