- 10/03/2022
Nell’epoca del “tecno-capitalismo”, possiamo facilmente constatare che le aziende più grandi e potenti al mondo sono anche le pioniere degli investimenti nel settore informatico. Nello specifico, parliamo di società che hanno investito nella raccolta, analisi e processamento dei dati. Una corsa all’oro dove non si compete con i picconi, bensì con software, hardware e algoritmi di Intelligenza Artificiale.
Nella classifica delle 100 aziende al mondo a maggiore capitalizzazione, vediamo come sette dei primi dieci posti sono occupati da società High tech. Nello specifico:
1° Apple (2.569 miliardi di dollari di capitalizzazione)
3° Microsoft (2.068 miliardi di dollari)
4° Alphabet (Google) (1.681 miliardi di dollari)
5° Amazon (1.384 miliardi di dollari)
6° Tesla (852.02 miliardi di dollari)
8° Meta (Facebook) (544.03 miliardi di dollari)
9° NVIDIA (536.12 miliardi di dollari)
Cinque di queste sono le famose “Big Tech” (o “Tech Giants” o “Big Five”), ovvero le società del comparto tecnologico più grandi e dominanti del mondo: Apple, Alphabet, Amazon, Meta e Microsoft.
Tutte queste aziende sono riuscite a ritagliarsi un enorme spazio vitale nei mercati internazionali proprio grazie all’esecuzione di una strategia “data-driven”, ovvero un processo decisionale basato su dati, numeri, statistiche e probabilità. I giganti dell’High tech hanno puntato sull’ottimizzazione di processi quali immagazzinamento (storage) e sfruttamento dei dati.
Per questo motivo, sentiremo sempre di più parlare dei cosiddetti “Big Data”. Ma cosa vuol dire, esattamente, Big Data?
I Big Data fanno riferimento a insiemi grandi e complessi di dati, provenienti in particolare da nuove origini dati, set talmente complessi da richiedere software di elaborazione dati altrettanto complessi. Si tratta di enormi volumi di dati che vengono sfruttati dalle aziende per la risoluzione di problematiche in varie aree di business, dallo sviluppo prodotto alla customer experience, dalla compliance all’ottimizzazione di operazioni e processi.
La gestione dei Big Data si basa su cinque elementi fondamentali, conosciuti come “le 5 V dei Big Data”, ovvero:
- Volume: la quantità dei dati raccolti e analizzati
- Velocità: la velocità con cui i dati da elaborare vengono ricevuti
- Varietà: questo concetto si riferisce alle tipologie di dati disponibili, semistrutturati e non strutturati (nota: mentre i dati strutturati sono ordinati e archiviati in un formato predefinito, quelli non strutturati racchiudono un insieme di tipi diversi di dati archiviati nei loro formati originari)
- Veridicità: quanto posso fare affidamento sui dati raccolti?
- Valore: qual è il valore intrinseco dei dati? Quali processi andranno a migliorare (sviluppo prodotto, customer experience, etc.)?
L’importanza della condivisione dati nel fintech
Abbiamo visto come i Big Data siano funzionali all'efficientamento di diverse aree d’applicazione, producendo vantaggi trasversali. Per questo motivo, il cosiddetto “data sharing”, ovvero la condivisione dei dati, sta diventando un concetto-chiave nell’ambito del data analytics.
I benefici legati alla condivisione dei dati sono numerosi per tutti gli attori economici coinvolti nel libero scambio. Nello specifico:
- Istituzioni: miglioramento del decision-making, accesso più rapido a servizi messi a disposizione da terze parti, migliore scalabilità dei dati;
- Legislatori: maggior supporto all’innovazione e alla competizione, supervisione e vigilanza più efficaci;
- Consumatori: accesso a prodotti di più elevata qualità.
La condivisione dei dati produce tutta una serie di vantaggi e benefici anche nel comparto fintech, in cui da qualche tempo si è iniziato a parlare di “Open Finance”.
Secondo una ricerca condotta dal McKinsey Global Institute, la condivisione di dati finanziari in un ecosistema digitale migliora, tra le altre cose, la valutazione del rischio di credito, l’allocazione delle risorse umane, l’erogazione di prodotti e il customer service. Inoltre, il data sharing permette di rinforzare la protezione dei sistemi informatici contro le frodi e i reati finanziari.
La ricerca si è focalizzata su quattro specifiche aree geografiche: Unione Europea, India, Regno Unito e Stati Uniti.
L’analisi del McKinsey Global Institute suggerisce che l’adozione di ecosistemi basati sull’open-data potrebbe generare, entro il 2030, una crescita del Prodotto Interno Lordo di Unione Europea, Regno Unito e Stati Uniti pari all’1/1.5%, e pari al 4-5% del PIL dell’India. Secondo gli analisti, il data sharing nel fintech porterebbe vantaggi per tutti, dalle istituzioni ai consumatori, dalle microimprese alle piccole e medie imprese.
Per quanto concerne i consumatori, sia individuali che microimprese e PMI, i benefici dati dalla condivisione dei dati nel fintech sarebbero i seguenti:
- Maggiore accesso ai servizi finanziari: il data sharing permette agli utenti di acquistare e utilizzare servizi finanziari a cui altrimenti non avrebbero mai avuto accesso. Per esempio, la raccolta dati attraverso le tradizionali fonti di informazioni potrebbe escludere diversi utenti dall’accesso ai prestiti bancari. Al contrario, l’open finance può aiutare a ottenere dati più accurati e puntuali sul merito creditizio dei richiedenti, allargando le opportunità di credito per ognuno
- Migliore esperienza cliente: la condivisione dati permette ai clienti di risparmiare tempo nelle interazioni con gli istituti finanziari. Microimprese e PMI, per esempio, possono inviare la documentazione per la richiesta di prestiti in modo molto più rapido, con una mole di dati più chiara, accurata e approfondita sui prodotti finanziari offerti dagli istituti di credito
- Aumenta l’offerta a disposizione: la condivisione dati finanziari può aumentare le opzioni di prodotti finanziari a disposizione degli utenti. Per esempio, un sistema open-data permette di cambiare conto da un istituto bancario a un altro in modo molto più semplice e veloce.
Vediamo adesso quali sono i benefici della condivisione dati per le istituzioni finanziarie:
- Migliore efficienza operativa: l’Open Finance permette agli istituti finanziari di tagliare i costi attraverso l’adozione di tecnologie in grado di automatizzare i processi di raccolta e immagazzinamento dati, azzerando la documentazione cartacea
- Migliore prevenzione delle frodi: un accesso in real-time ai dati dei clienti permette di identificare e ridurre i costi legati a crimini finanziari quali furto d’identità, frodi nei pagamenti, frodi nelle richieste di credito, etc.
- Migliore allocazione delle risorse umane: le aziende possono sfruttare i dati per ottenere una migliore allocazione e targetizzazione delle risorse umane. Ciò permette di massimizzare le attività ad alto valore risparmiando tempo su operazioni strategiche quali analisi del merito creditizio, misurazione della propensione al rischio e abbattimento del debito
Attenzione alla privacy
Nonostante gli innumerevoli vantaggi per tutti gli attori coinvolti, la condivisione dei dati nel fintech e lo sfruttamento delle potenzialità dei Big Data non sono esenti da rischi.
La questione della privacy, per esempio, sembra essere la principale preoccupazione di coloro che usufruiscono dei servizi finanziari erogati da aziende fintech.
Secondo uno studio condotto dal Pew Research Center, quasi il 75% dei consumatori crede che le aziende fintech siano più propense a vendere i loro dati personali rispetto alle aziende tradizionali. Un altro studio, stavolta targato The Clearing House, evidenzia che tra il 62 e l’81% dei clienti fintech non sono a conoscenza che le app possono avere accesso ai loro dati, né che possano venderli ad aziende terze.
Insomma, questi studi dimostrano che i clienti si fidano poco delle aziende fintech per quanto concerne la questione della privacy, o peggio che sono totalmente ignari della facilità di accesso delle aziende ai loro dati personali.
In effetti, la problematica della privacy nella gestione dei dati personali riguarda ormai l’intero comparto dei Big Data. Le grandi aziende Tech come Amazon, Google e Facebook, sono state spesso accusate di violare la privacy dei propri clienti, nonché di accumulare, proprio grazie ai dati, un potere economico e politico tale da essere paragonati al Grande Fratello Orwelliano, ovvero organizzazioni che “sanno tutto” dei propri utenti.
Conclusione
Abbiamo visto come le aziende che hanno investito nei Big Data siano state in grado di costruire un enorme vantaggio competitivo sui mercati internazionali.
Il Data Sharing, ovvero la condivisione dati nel fintech e la promozione del concetto di Open Finance, rappresentano l’ultima frontiera dello sfruttamento dei dati e dei vantaggi ad esso correlati.
La condivisione dati in un ecosistema finanziario digitalizzato, come abbiamo ben descritto nei precedenti paragrafi, permette di generare benefici e vantaggi sia per i consumatori, individui, microimprese e PMI, sia per le istituzioni finanziarie intenzionate a ottimizzare i prodotti e i servizi offerti ai propri clienti.
Non va però sottovalutata la tutela della privacy dei consumatori. Il fintech può promuovere partnership strategiche con quelle aziende specializzate nel data privacy e nella cyber security, al fine di favorire l’adozione di soluzioni in grado di costruire maggiore fiducia e valore nei servizi proposti.