- 29/11/2018
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Il microcredito è uno strumento economico, con il quale accedono al credito persone in una situazione di emarginazione. Risulta essere un concetto "vintage", se ne ha traccia già nel 1100 in Italia, basti pensare al Monte di Pietà.
Un punto di rottura è sicuramente rappresentato dalla nascita di Grameen bank (fondata nel 1976 dal premio Nobel per la Pace 2006 Mohamed Yunus). Questa "banca villaggio" concedeva prestiti a soggetti tradizionalmente esclusi dal sistema creditizio tradizionale; il fondamento era, che i poveri fossero riuniti in gruppi di beneficiari ( "banca villaggio" concedeva prestiti a soggetti tradizionalmente esclusi dal sistema creditizio tradizionale; Il fondamento era, che i poveri fossero riuniti in piccoli gruppi di beneficiari (formati da 5 persone), oltre che da una rete di sostegno.
Nonostante il successo dell'iniziativa, il fenomeno dei migration loans, prestiti per incentivare l'emigrazione, continuava a crescere. Il prestito serviva a consentire ad un membro della famiglia di emigrare, contando poi sulla generazione dei cosiddetti "prestiti di rimessa", per creare benessere nel paese di origine.
L'attenzione crescente da parte della Banca Mondiale, il FMI, le Nazioni Unite, ha portato alla nascita del primo Summit sul microcredito nel 1997 a Washington; partendo dal presupposto che il 20% più ricco della popolazione mondiale ottiene il 95% del credito erogato nel mondo, è stato presentato un piano che prevedeva di raggiungere 100 milioni di famiglie in situazioni disagiate, con lo strumento del microprestito.
"L'Arte non sta nel rappresentare cose nuove, bensì rappresentarle con novità"
Credo che questa affermazione indossi bene il modus operandi del Fintech nel microcredito, grazie alle sue appendici (Crowdfunding e Social lending): la mission è focalizzata a far si che i beneficiari dei prestiti possano essere profeti in Patria!
Perché questo avvenga, oltreché aiutare e sviluppare le microimprese, si prevede il supporto delle stesse, attraverso servizi di formazione ed assistenza tecnica.
Perché la spinta dell'innovazione digitale in ambito finanziario, conosciuta come fintech, raggiunga il maggior numero di persone, non solo nei paesi in via di sviluppo ma anche in quelli più sviluppati, è di fondamentale importanza che anche i settori più tradizionali, come per esempio quello degli studi legali, si prefiggano l'obiettivo di partecipare ed assimilare la rivoluzione tecnologica in atto.
A questo proposito, abbiamo intervistato l'Avv. Giovanni Cucchiarato, partner di DWF, studio legale internazionale, che segue anche i temi del fintech.
Buongiorno Avv. Cucchiarato, da quanto tempo DWF opera in Italia?
DWF ha aperto la sua prima sede italiana, in Via dei Bossi a Milano, da circa un anno, mentre io mi sono unito allo Studio da giugno di quest'anno. Lo scorso 23 ottobre abbiamo festeggiato il nostro primo compleanno con un evento abbastanza "unconventional" per uno studio legale: un concerto del rocker di New York Willie Nile tenutosi nella nostra sala riunioni, al quale hanno partecipato molti clienti ed amici. Anche da particolari come questo si coglie l'innovatività che caratterizza lo Studio, e che ha rappresentato uno dei principali motivi che, unito alla presenza di un team di professionisti estremamente competente e dinamico (l'età media dei partners non supera i 40 anni), mi ha convinto ad entrare a far parte del progetto di DWF.
Tra i vostri clienti ci sono anche operatori crowdfunding (che potremmo definire come una sorta di "microcredito 4.0")? Come li affiancate?
Sì, personalmente assisto diversi portali di investment-based crowdfunding, ed in particolare di equity crowdfunding. Tra questi, ad esempio, c'è Walliance, il primo portale di equity crowdfunding verticale sul Real estate ad essere stato autorizzato da Consob (nel marzo 2017), all'indomani dell'estensione a tutte le PMI della possibilità di effettuare campagne di equity crowdfunding (che ha permesso, appunto, la nascita in Italia del "Real estate equity crowdfunding"). Quello del Real estate è un classico esempio di come la normativa italiana sull'equity crowdfunding (pensata inizialmente per le sole "start-up innovative" ed estesasi poi a tutte le PMI) abbia potuto trovare applicazione, attraverso l'implementazione delle giuste strutture giuridiche, ad un settore estremamente "tradizionale" come quello dell'immobiliare. Ma questo è solo uno dei possibili esempi delle potenzialità che l'equity crowdfunding può avere quale strumento di finanza alternativa per le imprese. Vedo ad esempio delle interessanti potenziali sinergie, per restare al parallelismo da Lei fatto, tra l'equity crowdfunding ed il mondo del microcredito. Di tali potenziali sinergie ho avuto modo di discutere, ad esempio, a margine dell'evento sull'investment-based crowdfunding e sugli strumenti di finanza alternativa che il nostro Studio ha organizzato il 14 novembre, assieme all'Innovation Center di Intesa Sanpaolo e alla Camera di Commercio Italo-Germanica, presso l'Intesa Sanpaolo Tower di Torino. Per quanto riguarda il tipo di attività, assistiamo i nostri clienti soprattutto nel cd. "filing", ossia nel procedimento di autorizzazione in Consob, dove nel corso di questi ultimi anni credo di aver acquisito un'esperienza significativa, che mi ha anche permesso di instaurare buoni rapporti con l'Autorità di controllo italiana (che ho trovato sempre aperta al dialogo con gli operatori del Fintech); oltre che nella strutturazione delle campagne e nell'attività quotidiana dei portali.
Avete una task force sul Fintech all'interno del vostro studio legale?
Sì, sia in Italia, dove ho l'onore di essere stato messo a capo del progetto di creazione del nostro Dipartimento Fintech, sia negli altri paesi in cui è presente DWF (ci stiamo avvicinando alle 30 sedi nel mondo). Tra queste mi piace citare il nostro ufficio di Berlino (città alla quale sono molto legato, visto che lì ho iniziato la mia carriera professionale), dove è presente il nostro "blockchain hub". Proprio durante l’evento di Torino di mercoledì scorso il partner della nostra sede di Berlino, Dr. Wolfgang Richter, ha fatto un intervengo sugli strumenti di finanza alternativa legati alla tecnologia blockchain, come leinitial coin offerings (ICOs), argomento molto interessante ed attuale.
La tecnologia sta rivoluzionando diversi settori tradizionali, pensate che anche il settore legale possa subire una disintermediazione come sta succedendo nel settore finanziario, o la vedete come alleata, come succede con molte soluzioni di LegalTech?
Personalmente vedo la tecnologia più come uno strumento da poter sfruttare ed utilizzare al meglio, anche in un ambiente ancora molto "tradizionale" come quello legale. In futuro avremo – così come in molti altri settori – sempre più attività che verranno effettuate tramite strumenti di intelligenza artificiale, come alcune attività relative, ad esempio, all'effettuazione delle due diligence nelle operazioni di M&A (settore nel quale ho sempre lavorato e nel quale continuo a lavorare, soprattutto con clienti dell'area germanofona). Noi avvocati non dobbiamo temere tali cambiamenti ed evoluzioni della nostra professione: a mio avviso rappresentano un'opportunità per "automatizzare" alcune attività più ripetitive ed a minore valore aggiunto, e permetterci di concentrarti sugli aspetti più interessanti e di natura per così dire “strategica” e propriamente consulenziale della nostra professione, dove i robot non potranno mai sostituirci.
Dal vostro osservatorio di studio legale che opera in ambito internazionale, quale è la vostra posizione rispetto alla tecnologia blockchain ed alle criptovalute? Meglio una posizione aperta come la FINMA in Svizzera, o più cauta come la Consob in Italia?
Questa è una domanda molto attuale, dal momento che diversi paesi, come ad esempio Malta (dove ho partecipato, ad inizio ottobre, al Blockchain Summit), il Liechtenstein e Gibilterra, stanno approvando delle normative a livello primario per regolamentare la blockchain e l'emissione di tokens (criptovalute di nuova emissione) tramite le initial coin offerings. La stessa Commissione europea ha recentemente dichiarato di voler regolamentare il fenomeno, anche se il progetto necessiterà di tempo per venire implementato e difficilmente ciò avverrà prima delle elezioni europee di questo maggio. Anche Consob (sulla falsariga di quello che sta avvenendo con la SEC negli Stati Uniti) sta "attenzionando" in maniera importante il fenomeno delle ICOs, come si vede da alcuni provvedimenti emanati negli ultimi giorni. Personalmente credo che l'approccio migliore sia quello aperto alle opportunità che questi strumenti offrono. Quindi: sì assolutamente alla regolamentazione della blockchain e delle ICOs, ma che sia però orientata al loro sviluppo e sfruttamento da parte delle imprese, pur garantendo comunque una forte ed efficace protezione degli investitori, onde evitare i casi di vere e proprie truffe che purtroppo si sono verificati nel recente passato su alcune ICOs e che hanno contribuito a creare un clima di sospetto intorno a queste innovative forme di finanziamento.
Pensa che ci vorrebbe una formazione dedicata su questi temi innovativi?
Mi viene in mente, ad esempio, quanto gli avvocati siano effettivamente preparati ad affrontare temi legati alla blockchain. Sicuramente c'è bisogno di maggiore consapevolezza e competenza, anche tra noi avvocati, rispetto a questi temi, in particolare sugli aspetti legati alla tecnologia. Alcune università si stanno muovendo per recuperare il tempo perduto, organizzando corsi e master su specifici temi legati al Fintech. Trovo che questo sia molto positivo, soprattutto per i giovani Colleghi, che potranno così sfruttare al meglio tali competenze. A mio avviso, come professionisti legali dobbiamo avvicinarci molto di più al mondo delle nuove tecnologie e del Fintech, per sfruttarne al meglio le enormi potenzialità. Non dobbiamo averne paura, ma contribuire ad un loro migliore utilizzo, che vada a favore dei nostri clienti, ossia degli imprenditori e degli investitori.