- 05/12/2017
Abbiamo intervistato Serena Torielli, l'amministratore delegato di AdviseOnly, per farci raccontare le ultime novità su cui stanno lavorando.
AdviseOnly, Virtual B, 2 nomi diversi, sono la stessa cosa?
Virtual B SpA è il nome dell'azienda di tecnologia finanziaria che ha sviluppato e possiede il sito AdviseOnly.com. Essendo il sito AdviseOnly e il blog le premises digitali rivolte al pubblico retail, il brand AdviseOnly è sicuramente più conosciuto di Virtual B. In fondo anche Google si chiama Alphabet, ma il grande pubblico non lo sa. A parte gli scherzi, AdviseOnly nasce nel 2011 come primo robo-advisor in Europa ma a partire da metà 2013 intraprende un netto cambiamento di strategia. Infatti, dopo un anno e mezzo online capiamo che i costi di acquisizione dei clienti per le fintech B2C sono insostenibili e che in Europa la rivoluzione del wealth management digitale deve necessariamente passare per gli incumbents, ai quali la nostra azienda può offrire molto, sia in termini di tecnologia che di esperienza sugli investimenti digitali. E così abbiamo implementato un modello di business B2B e B2B2C lavorando con le aziende finanziarie come partner. Oggi la ragionevolezza di questa decisione sembra scontata, ma nel 2013 siamo stati coraggiosi.
Siete nati per rivoluzionare il mondo della consulenza finanziaria, ma lavorate molto con i cosiddetti "incumbents". Come riuscite a coniugare questi due mondi?
Quella che le fintech debbano competere e scontrarsi con le aziende finanziarie tradizionali è una percezione errata che ci ha anche direttamente penalizzato in passato. Ho una visione molto semplice e pragmatica: le aziende finanziarie tradizionali hanno molti clienti e un brand. Inoltre, nonostante le apparenze, quella della finanza è un'industria costruita sulla fiducia, di cui le istituzioni finanziarie regolate godono in misura assai maggiore delle startup. D'altro canto le aziende fintech hanno dinamismo creatività e sono portatori di innovazione, difficile da realizzare nei contesti culturali e organizzativi delle banche e assicurazioni. Quale possibile scenario può essere più vantaggioso per tutti - e sopratutto per i clienti - della cooperazione tra chi ha clienti e brand e chi ha tecnologie innovative e dinamismo?
Come può una società di piccole dimensioni essere d'aiuto alle grandi banche o alle multinazionali dell'asset management che si rivolgono a voi? Quali sono i vostri tratti distintivi?
La realizzazione di una piattaforma di consulenza finanziaria digitale non richiede alle aziende finanziarie solo un investimento in tecnologia: è infatti necessario un approccio a 360 gradi, che coinvolge tutti gli aspetti della presenza digitale, dalla comunicazione e marketing, all'engagement degli utenti e dei clienti, fino alla soluzione vera e propria. La miglior piattaforma di robo-advisory del mondo è inutile se non si riescono ad attrarre e coinvolgere i clienti. La nostra esperienza diretta e la contaminazione di competenze finanziarie, digitali e tecnologiche del team ci consente di servire i clienti su tutti e tre i segmenti di business necessari.
Le nostre competenze distintive sono però quelle di data-analysis e statistical learning: anche chi non se ne occupa direttamente ha un'infarinatura. Ecco perché ci siamo focalizzati sull'uso della data science al servizio dell'investimento digitale. Con una lettura intelligente dei dati le aziende finanziarie possono profilare e conoscere meglio i propri clienti e fornire ai clienti soluzioni davvero personalizzate, tarate sui loro bisogni e obiettivi.
Un migliore e più corretto uso dei dati è oggi l'elemento più importante per aumentare la profittabilità delle istituzioni finanziarie. Credo inoltre che normative come PSD2 e sopratutto GDPR, possano restituire alle banche il vantaggio competitivo rispetto al far-west normativo attuale, in cui i big della tecnologia utilizzano i dati a proprio esclusivo vantaggio.
Avete appena siglato un'importante partnership con un'importante società di tecnologia tedesca. Cosa vi proponete di fare insieme a loro?
La partnership con una grande società tech internazionale, GFT, che ha lavorato ad alcuni dei progetti più innovativi nel fintech come Fidor Bank, ci consente di scalare la nostra offerta completandola con la parte di system integration e quel tipo di dimensione e struttura necessaria per garantire gli standard di fornitura richiesti dalle grandi aziende bancarie e assicurative. Inoltre, oltre ad alcuni cantieri aperti in Italia, grazie alla presenza internazionale di GFT, stiamo rilevando un forte interesse anche da altri Paesi come la Germania e la Spagna. In fondo le partnership tra fintech e società di tecnologia potrebbero essere un canale interessante ed alternativo a quelle con gli incumbents.
Cos'è SideKYC il nuovo prodotto che avete lanciato?
SideKYC è una suite di profilazione d'ultima generazione, basata su algoritmi di Virtual B: analizzando i dati (che siano Big data o meno) con tecniche di machine learning rende possibile non solo la compliance regolamentare (MIFID 2) nel continuo, ma anche un effettivo incontro tra l'offerta commerciale e i bisogni dei clienti. Il team di Virtual B possiede forti skill quant-finanziarie e di data science, ama sperimentare ed esplorare ambiti laterali rispetto a quello finanziario: SideKYC nasce proprio da lì.
Negli anni, poi, abbiamo stretto diverse partnership con il mondo accademico, e proprio la contaminazione con altre discipline come la psicologia cognitiva e la sociologia computazionale (abbiamo appena stretto una partnership con il GECS dell'Università di Brescia su un progetto di assoluta novità e potenzialmente rivoluzionario incentrato su Complex Network Analysis) ci hanno consentito di ideare algoritmi di profilazione che tengono conto delle componenti psicologiche ed emotive.
L'aggregazione di dati socio demografici, transazionali, raccolti sul web attraverso quiz di engagement e profilazione, o provenienti dai social, ci permette di effettuare un matching tra le caratteristiche del cliente e l'offerta commerciale, il tutto nel rispetto della regolamentazione del settore.
Cosa pensate del settore del robo-advisory?
L'area del wealth management digitale, ormai contrassegnato dall'inappropriata denominazione di robo-advisory è tanto noiosa quanto inevitabile. Mi spiego meglio: investire sul canale digitale attraverso portafogli precostituiti di ETF o fondi non è di per se qualcosa che presenta grandi elementi di innovatività, se non nel modello di business e nel canale. Le grandi banche e wealth manager potrebbero benissimo realizzare l'apertura di questo nuovo canale da sé, se lo volessero.
La prospettiva cambia se il robo-advisory consente attraverso applicazioni di intelligenza artificiale e machine learning di valorizzare l'immenso bagaglio di dati che banche e wealth manager già posseggono, attraverso la lettura intelligenze degli stessi per raggiungere quella personalizzazione dell'offerta sui bisogni del cliente. I giganti del web come Aamzon ci hanno già insegnato ad aspettarci cose simili, il pubblico è pronto. Il robo-advisory 3.0 è l'opportunità di portare le soluzioni di investimento ad "essere comprate" anziché ad "essere vendute", com'è stato finora. Un altro campo interessante è la digitalizzazione dell'offerta dei prodotti assicurativi vita come le unit-linked, altro ambito interessante cui stiamo lavorando.
Com'è essere una donna e fondatore e CEO di un'azienda fintech?
Ahahah, il lato positivo è che vengo invitata a molti convegni per portare un po' di "quote rosa". A parte gli scherzi, vengo da un mondo come quello delle banche d'affari che è almeno altrettanto maschilista di quello della tecnologia, pensate come deve essere il fintech che è il compounding dei due. In generale ho imparato a pensare e a vedere i colleghi come professionisti in gamba, più che come uomini o donne e forse io sono più "maschiaccio" dei miei colleghi trentenni. Il problema è quello che le donne in questo settore sono poche perché per ragioni culturali è presentato come poco attraente, ma le donne che lavorano in AdviseOnly e che ho incontrato nel fintech sono eccezionali.
Quali sono i vostri piani per il 2018?
Riguardo a quello che vogliamo fare "da grandi" pensiamo di raggiungere il pareggio già nel 2017, il che ci consente un buon grado di autonomia nelle scelte strategiche.
La nostra prospettiva è di natura industriale più che finanziaria, vogliamo continuare a innovare e a crescere valorizzando le nostre competenze distintive, cioè data science, intelligenza artificiale e risk analytics, e possibilmente scalare anche fuori dall'Italia.
Per realizzare questo obiettivo abbiamo iniziato a cercare un partner strategico che entri nel nostro capitale e con cui possiamo sviluppare le maggiori sinergie a livello industriale, oltre che rappresentare un laboratorio di ricerca e innovazione. Abbiamo già in corso alcune discussioni interessanti in questo senso e pensiamo di finalizzare un'operazione nel 2018. In generale il partner che cerchiamo è più un operatore istituzionale che non un fondo di venture, anche se in USA esistono alcuni fondi che hanno un approccio vicino a quello che abbiamo in mente.