- 27/09/2021
La rivoluzione portata dall’avvento del Fintech presenta ancora molto potenziale.
La pandemia ha dato una spinta alla digitalizzazione dei servizi finanziari, con consumatori sempre piĂą predisposti ad utilizzare strumenti digitali per la gestione delle proprie finanze. Sebbene da un punto di vista del fundraising il 2020 abbia mostrato inizialmente un calo della raccolta delle societĂ Fintech (dai 261 milioni di euro del 2019 ai 247 milioni di euro nel 2020), giĂ nei primi sei mesi del 2021 gli effetti della spinta della digitalizzazione hanno portato le FinTech italiane o fondate da italiani ad incassare piĂą di 307 milioni di euro. Inoltre, solamente considerando i mega-round annunciati tra i mesi di Luglio e Settembre (i.e., Soldo, Scalapay e Truelayer) il dato raggiunge i 750 milioni di euro.
A trainare la crescita degli investimenti sono stati anche e soprattutto gli investimenti in InsurTech, settore che ha raccolto 110 milioni di euro nell’ultimo anno e mezzo. La crescita degli investimenti in Startup FinTech è anche stata incentivata da agevolazioni fiscali incluse in alcune misure attuate dal Governo, come il Decreto Rilancio (D.L. 34/2020, art. 38, commi 7 e 8) e il Decreto Sostegni-bis (D.L. n. 73/21).
Ma quale tipologia di investitore è maggiormente adatta per una Startup? Ci sono delle strategie particolari da seguire nel processo di fundraising per incrementare le probabilità di riuscita? La scelta delle Startup di ricercare una specifica tipologia di finanziamento, e quindi anche di investitore, può essere determinante nella riuscita del fundraising; anche la fase del ciclo di vita in cui si trova la società stessa può influenzare tale scelta.
Le fonti di finanziamento lungo il ciclo di vita delle Startup
Durante la fase di vita iniziale di una Startup (Pre-seed), le fonti di finanziamento spesso risultano essere le stesse finanze del fondatore per ottenere le risorse necessarie in primis alla validazione sul mercato della propria idea di business. La scelta può ricadere anche sul capitale fornito da familiari e amici, il cosiddetto Love Capital (Family & Friends), che spesso risulta essere una fonte di finanziamento valida nelle fasi iniziali di vita della Startup in modo da garantire i primi flussi di cassa volti a giustificare ulteriori round di finanziamento. Tali tipologie di investimenti, infatti, non richiedono elevate garanzie o una solida strutturazione della società , e permettono ai Founders di mantenere il pieno controllo della gestione operativa.
Per avviare un percorso di crescita, tuttavia, la necessità di un ammontare di capitale sempre maggiore richiede l’intervento di finanziatori “esterni”, in grado di contribuire in maniera significativa alla crescita della società . Tali investitori spesso sono alla ricerca di maggiori garanzie, di un business plan strutturato e di una chiara visione del mercato aggredibile. Per tale motivo, la Startup prima di ricercare tali finanziamenti dovrebbe considerare quali sono le caratteristiche e i fattori che gli investitori ritengono fondamentali nella propria scelta di investimento, per riuscire con maggiore successo nel processo di fundraising.
Tra i finanziatori “esterni” una possibilità di raccolta per le Startup, specialmente se ancora in fase seed e pre-seed, è quella dei Business Angels che, nonostante spesso non forniscano capitali in misura eguale ad un investitore istituzionale, possono contribuire efficacemente alla crescita della società partecipando alle scelte strategiche e apportando conoscenza settoriale ed esperienza imprenditoriale. In tale fase, la Startup, potrebbe essere in grado di fornire alcune garanzie all’investitore, principalmente legate al team e all’eventuale tecnologia proprietaria sviluppata internamente. La figura del Business Angel gioca un ruolo fondamentale nella prima fase di vita della startup e per questo gode di incentivi fiscali decisamente attraenti (i.e. innalzamento della detrazione fiscale dal 30 al 40% sui capitali investiti).
La maggior parte delle Startup Fintech italiane, come mostrato dalla ricerca “FinTech waves – The Italian FinTech ecosystem” condotta da EY e il Fintech District nel 2020, ha dichiarato ad oggi di aver fatto ricorso a tipologie di finanziamenti principalmente relative a capitale proprio, Family & Friends e Business Angels. Nonostante ciò, in base al campione analizzato nella ricerca EY, la volontà delle stesse Startup rimane quella di ricercare, per i successivi round di fundraising, investitori istituzionali (in primis venture capital nazionali ed internazionali), in grado di fornire ingenti capitali ed elevata esperienza per facilitare l’internazionalizzazione e la scalabilità del business. Il rischio di rivolgersi a queste tipologie di finanziatori potrebbe essere quello della perdita del controllo; infatti, procedendo nel percorso di crescita, il trade-off tra necessità crescente di capitale e possibile perdita di controllo della Startup diventa un tema sempre più rilevante.
Tra le possibilità di finanziamento esterno, rientra anche il crowdfunding, seppur il suo utilizzo risulti ancora limitato tra le Startup Fintech italiane. Inoltre, è utile considerare anche il ruolo svolto dagli incubatori ed acceleratori di Startup, che possono rappresentare un partner ideale soprattutto nelle prime fasi di vita della società , in quanto forniscono un supporto non solo finanziario ma anche a livello di business, di network e di esperienza.
Coopetizione con gli incumbents come strategia di crescita
Analizzando il mercato Fintech e la relativa capacità delle società di raccogliere capitali, rilevante è anche l’apporto che possono fornire gli incumbents del mercato. L’interazione con le Startup sta infatti cambiando negli ultimi anni, passando da un approccio di pura competizione ad uno di forte collaborazione, con potenziale creazione di sinergie ed efficienza. Secondo la ricerca condotta da EY e Fintech District citata precedentemente, diverse sono le strategie con cui le società Fintech possono interagire e/o raccogliere capitali dagli incumbents, ognuna delle quali è caratterizzata da un diverso coinvolgimento delle parti e uno specifico angolo di collaborazione:
- modello “Accelerate”, che prevede un investimento in Startup in early-stage da parte di attori tradizionali che possono offrire esperienza e in cambio beneficiare di tecnologie all’avanguardia per integrare la propria offerta, senza il bisogno di svilupparle internamente;
- modello “Partner”, basato su una serie di possibili partnership tra incumbents e Startup Fintech per lanciare nuovi prodotti e servizi;
- modello “Invest”, che riguarda l’investimento diretto da parte di attori tradizionali finanziari, spesso attraverso veicoli di corporate venture capital, in Startup Fintech che si trovano in qualunque stadio di crescita;
- modello “Buy”, che prevede l’integrazione totale dei prodotti, tecnologie e team delle Startup Fintech nell’incumbent.
L’inversione di rotta da un approccio di competizione ad uno di “coopetizione” tra incumbents e attori non tradizionali può dare una spinta al mercato ed attirare anche un interesse maggiore da parte degli altri investitori.
Non solo investimenti in equity
Le nuove imprese sono responsabili delle principali innovazioni e pertanto rivestono un ruolo strategico per il nostro Paese che non può permettersi di essere trascurato. Eppure, i dati ci mostrano che l’Italia a livello di investimenti in startup risulta essere ancora ben distante da economie comparabili come Regno Unito, Germania, Francia o Spagna e al di sotto della media europea. Le principali cause risalgono ad un complesso sistema normativo connesso ad una complessa burocrazia, ad un sistema formativo meno sensibile alla cultura d’impresa e un sistema finanziario meno incline al sostegno di nuove iniziative. Accanto agli investimenti diretti in equity descritti precedentemente, le startup hanno la possibilità di usufruire dei finanziamenti a debito. Si tratta di prestiti veri e propri tipicamente offerti dalle banche che hanno il vantaggio di lasciare il controllo ai founders (che non vedranno la loro quota diluirsi) in cambio dell’impegno a restituire l’ammontare.
Le banche Italiane, storicamente prudenti e poco propense al rischio, (anche a causa dell’eccessiva regolamentazione derivante dalla crisi del 2008 che impone livelli di solidità patrimoniale stringenti) non parrebbero costituirsi come il partner ideale di una startup, eppure questo canale di finanziamento risulta essere tra i più dinamici e in costante crescita anno dopo anno. Merito dell’istituzione da parte del Ministero dello sviluppo economico del Fondo di garanzia indirizzato alle Piccole e Medie Imprese e successivamente esteso anche alle startup innovative, che consente di richiedere un finanziamento alle banche in modalità gratuita e semplificata in quanto lo Stato si fa da garante (fino all’80% del prestito).
Attraverso il Fondo di garanzia lo Stato italiano supporta le startup che hanno difficoltà ad accedere al credito bancario e al contempo ha permesso alle banche di ridurre il rischio di credito e giocare un ruolo cruciale in questo settore. Dall’avvio dello strumento nel 2013, si contano quasi 6mila startup beneficiarie, per una media di circa 166 mila euro per singola operazione. Tra le altre iniziative statali volte ad incentivare lo sviluppo delle startup è giusto ricordare la possibilità di aggiudicarsi premi, che sono spesso finanziamenti a fondo perduto, grant e altre sovvenzioni che oltre al supporto finanziario offrono anche un palcoscenico da non sottovalutare.
Il percorso futuro di crescita è strettamente legato alla capacità del Paese di utilizzare al meglio le risorse disponibili del PNRR. Il Piano, attraverso l’utilizzo dei fondi stanziati dall’Unione europea nell’ambito del programma Next Generation EU, ha tra i principali obiettivi la “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, e stanzia 500 milioni di euro per finanziare i progetti e le imprese che aiuteranno il processo di digitalizzazione dell’Italia. Nella “Missione 4” si trova una misura specifica per il finanziamento delle startup, che punta a integrare le risorse del Fondo Nazionale per l’Innovazione, cioè lo strumento gestito da Cassa Depositi e Prestiti per sostenere lo sviluppo del Venture Capital in Italia.
Conclusioni
Il mercato del Fintech in Italia sembra essere un mercato dinamico, con un elevato potenziale ancora inespresso, che genera un crescente interesse degli investitori. Nonostante il nostro Paese ad oggi non sia ancora riuscito ad attrarre un ammontare consistente di investimenti rispetto agli altri paesi europei (del totale capitale investito in Europa nel 2019, solamente il 2% è stato attirato dall’Italia), le Startup Fintech italiane hanno ricevuto finanziamenti crescenti ad un CAGR superiore al 60% dal 2016 al 2019 (EY e Fintech District).
Anche nei primi mesi del 2021 è stata notevole l’importante ripresa del fundraising italiano culminata nel grande caso di successo della startup Soldo che ha raccolto 180 milioni di dollari a Luglio 2021 o la più recente Scalapay che ha chiuso un round da 155 milioni di dollari. Sebbene le rispettive sedi siano a Londra e Dublino, sono di fatto state fondate da due Italiani (Carlo Gualandri e Simone Mancini) e gran parte del business si svolge in Italia.
Nell’approcciarsi ad un processo di raccolta di capitali, è utile che le Startup si rivolgano ad una determinata tipologia di finanziamenti seguendo una specifica tempistica. Infatti, la scelta dell’investitore dovrebbe essere ponderata tenendo in considerazione lo specifico modello di business, il team e i fondatori, la fase di vita e gli obiettivi futuri della società , per trovare il giusto compromesso tra necessità di crescita, e quindi di capitali, e la possibilità di mantenere il controllo.
Probabilmente non esiste una scelta dell’investitore giusta e vincente in senso assoluto, ma tenere in considerazione tali fattori può facilitare una ricerca di capitale di successo. Sarà inoltre cruciale per l’Italia incentivare la crescita e lo sviluppo di questo settore favorendo l’apporto di capitali e semplificando gli oneri burocratici. In tale contesto, le recenti iniziative come l’istituzione del Milano Hub (centro di innovazione di Banca d’Italia) e la Sandbox regolamentare (ambiente protetto dedicato alla sperimentazione di soluzioni innovative) promosse dagli stessi Organi di Vigilanza confermano l’intento del regolatore di promuovere la diffusione e lo sviluppo di nuove iniziative nel nostro Paese.
Autori
Carlo Alberto Minasi – EY Innovation Team
Pietro Lado – EY Innovation Team
Giulia Rella – EY Strategy and Transactions
Camilla di Pangrazio – EY Strategy and Transactions