- 23/05/2017
Quando si parla o si scrive di fintech le definizioni e gli aggettivi si sprecano, a differenti punti di osservazione corrispondono altrettanti punti di focalizzazione (tecnologia, disintermediazione, ecc.). Qualsiasi sia il punto di vista, comunque, i principali interpreti di questa nuova fase si sono ritrovati di fronte alla medesima volontà: stravolgere lo status quo dei servizi finanziari.
Partendo da questa considerazione e sfruttando la leva dell’innovazione tecnologica, in breve tempo, l’intero mondo dei servizi finanziari, dai pagamenti agli investimenti, è stato popolato da nuovi attori in grado di competere con strutture più consolidate (sia in termini economici che geografici) e di fornire soluzioni maggiormente attente alle esigenze degli utenti, anche rispetto a nuove esigenze ed abitudini figlie di una differente gestione della quotidianità.
Occhio però a non confondere l’obiettivo con lo strumento; quest'ultimo, come già scritto, è sicuramente la tecnologia, ma non si può dire lo stesso per l’obiettivo, che affonda radici in quella che potremmo definire, senza peccare di superbia, una vera e propria rivoluzione culturale. Il fintech, infatti, parla sì il linguaggio della tecnologia e della disruption, ma pone sempre più spesso l’accento su valori quali la democratizzazione e l’inclusione.
L’inclusione, per esempio, ha portato nell’ecosistema dei servizi finanziari soggetti che si affacciano per la prima volta in questo mondo che, solo fino a qualche anno fa, veniva considerato totalmente inarrivabile ed inaccessibile. Grazie alle possibilità offerte dalla tecnologia, esperienze e competenze eterogenee si sono ritrovate a sedere allo stesso tavolo con l’obiettivo, comune, di voler staccare la spina a vecchie regole e a modelli di business e di distribuzione antiquati.
Fate un passo indietro e immaginate qualcosa di diverso
Tra informatici, studenti e “semplici sognatori” c’è anche chi, parafrasando Brett King, ha fatto un passo indietro ed ha immaginato qualcosa di diverso. Si tratta di professionisti dei servizi finanziari, con competenze ed esperienze largamente riconosciute, che hanno deciso di lasciare le loro “comode poltrone” per provare a creare proprio quel “qualcosa di diverso” in grado di apportare valore aggiunto all’esperienza degli utenti, e perché no, anche alla loro.
È partendo da considerazioni di questo tipo che Mario Bortoli, Luca Valaguzza e Giovanni Folgori hanno deciso, nel 2015, di intraprendere un nuovo viaggio: creare Euclidea.
Per chi non lo sapesse stiamo scrivendo di tre professionisti con un’elevata e comprovata esperienza, che complessivamente supera i cinquant'anni, in primarie società nel mondo della gestione degli investimenti.
Euclidea chi?
Euclidea è una Società di Intermediazione Mobiliare (SIM) per Azioni (SpA) fondata a Milano nell’Ottobre del 2015, che ha ottenuto l’autorizzazione ad operare come società di investimenti nel Novembre 2016 e che opera presso il pubblico dal Febbraio 2017.
Archiviati i tecnicismi giuridici, comunque necessari, Euclidea è molto di più, è il primo Digital Private Banker, ovvero, la prima esperienza di gestione patrimoniale ad alto valore aggiunto offerta sfruttando i vantaggi dell’innovazione tecnologica. Volendo seguire le logiche forzate di una classificazione, nel panorama delle soluzioni fintech, Euclidea si andrebbe ad inserire nell’offerta proposta dai cosiddetti robo-advisor sebbene con le dovute precauzioni, considerate le numerose differenze rispetto ad un modello più o meno automatizzato per la gestione di scelte e soluzioni. Euclidea infatti si presta meglio ad essere descritta come modello ibrido, nel quale tecnologia e competenze umane trovano il giusto mix per garantire competitività e professionalità.
Come si è già avuto modo di scrivere, tutte le soluzioni fintech proposte vengono pensate con l’obiettivo di superare modelli di business e di distribuzione obsoleti e poco attenti alle esigenze dell’utente finale; per capire meglio quale possa essere l’impatto, in questi termini, di Euclidea, soffermiamoci per un istante sulla definizione della stessa che abbiamo dato: Digital Private Banker.
Togliamo per un attimo digital. Un servizio di Private Banking, per chi non lo sapesse, è “l’insieme di servizi finanziari e consulenziali personalizzati dedicati alla gestione del patrimonio del cliente. Si rivolge a facoltosi clienti privati (high net-worth individuals, HNWIs) anche con esigenze complesse in continua evoluzione. Per svolgere tale attività si avvale di strutture organizzative dedicate e di articolate e qualificate figure professionali.” Quindi ricapitolando, si tratta di servizi personalizzati di gestione patrimoniale rivolti a patrimoni di norma superiori ai €500.000, con costi altrettanto personalizzati che, spesso, vanno ad erodere significativamente l’eventuale risultato positivo della gestione ed una indipendenza nelle scelte per il cliente il più delle volte ingabbiata da interessi della casa madre o da altri tipi di accordi commerciali.
Euclidea perchè?
Nel contesto appena descritto si inserisce la sfida disruptive di Euclidea che, facendo totalmente propri i valori di democratizzazione ed inclusione, propone per la prima volta un servizio di gestione patrimoniale ad alto valore aggiunto, quale è il Private Banking, ad una vasta fetta di risparmiatori fino a ieri esclusi da questo tipo di servizi per il semplice fatto di essere considerati poco redditizi.
Euclidea offre infatti la possibilità di accedere ai propri servizi di gestione patrimoniale con un investimento minimo di €10.000 ed a costi, dimezzati rispetto ai servizi tradizionali, che variano tra lo 0,70% e lo 0,40% delle somme gestite, a seconda della quantità; a questo va poi aggiunto un TER (indicatore sintetico di costo dei fondi) massimo di 0,5%. Un ulteriore nota positiva è data dal fatto che non vengono chieste commissioni di performance, nessuna commissione di entrata o uscita, nessun costo di negoziazione.
E se è vero, come lo è, che minori costi generano maggiori guadagni… Euclidea è sulla buona strada! A maggior ragione se si considera il fatto che, in questo caso, costi più bassi non si riflettono in una minore qualità del servizio.
Come ci riesce? “Semplicemente” utilizzando le opportunità offerte dall’innovazione tecnologica che, consentendo una riduzione dei costi di gestione e distribuzione, ha creato nuove opportunità di business in segmenti di clientela prima considerati poco profittevoli, e facendo ricorso a strumenti di investimento meno costosi, ma non per questo meno efficienti, quali ETF e Fondi Attivi.
I portafogli proposti poi, sono stati pensati in modo tale da poter rispondere in diversa misura alle esigenze e le preferenze di ogni singolo cliente, garantendo agli stessi un elevato livello di personalizzazione della gestione.
Ma qual è l'ingrediente segreto?
Il vero valore aggiunto del servizio offerto di Euclidea di sicuro non è custodito in nessuna cassetta segreta anzi, la trasparenza è un cavallo di battaglia messo in campo fin dagli esordi dalla società.
In cosa consiste allora la forza disruptive e “ democratizzante ” di Euclidea? In tre principi:
- indipendenza: l’assenza di conflitti di interesse e di accordi commerciali con terze parti consente al team di Euclidea di operare esclusivamente nell'interesse del cliente. In più, la società, non riceve alcuna rebate (retrocessione) dai fondi in cui investe;
- esperienza: le competenze largamente riconosciute del team di gestione degli investimenti di Euclidea garantiscono un servizio altamente professionale, che si rispecchia in una efficiente ed oculata gestione e selezione delle opportunità di investimento;
- trasparenza: dagli uffici, alla comunicazione, al rapporto con la clientela, tutto è stato pensato per ridurre al massimo le asimmetrie informative, figlie di un differente equilibrio di forze tra cliente e fornitore; c’è la Torre della Banca X, quella della Banca Y, ora c’è anche l’open space di Euclidea.
Mi piace sottolineare il fatto che, cosa non scontata, i fondatori di Euclidea sono anche i suoi primi clienti, a riprova del valore dato al progetto e del desiderio di “fare qualcosa di veramente onesto, genuino, positivo, bello e utile”.
Insomma, con Euclidea il mondo del risparmio gestito ha tolto la cravatta per indossare l’abito delle esigenze dei clienti.