Il futuro delle banche

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Il termine fintech sembra ormai essere entrato nel linguaggio comune. Moltissimi conoscono espressioni come roboadvisor, crowdfunding, peer-to-peer lending e altri acronimi e neologismi frutto dell’evoluzione della tecnologia applicata alla finanza. C’è chi sostiene che il settore fintech spazzerà via le banche. C’è chi dice che poco cambierà. Non avendo doti di preveggenza, provo a fare un ragionamento.

Evoluzione lato banche

Guardiamo a cosa accade oggi e come si potrebbe evolvere la situazione sul fronte delle banche. Personalmente dubito che nel giro di pochi anni le banche, come le vediamo oggi, possano scomparire. Anzitutto perché svolgono tre principali funzioni:

  1. Trasformano rischi, liquidità e scadenze;
  2. Sono lo strumento di trasmissione della politica monetaria;
  3. Sono il fulcro per il trasferimento dei fondi.

Alcune di queste aree (i cosidetti “verticali”) sembra che siano minacciate dal settore fintech (penso ai pagamenti e, in parte, ai prestiti), ma la trasformazione delle scadenze? E il meccanismo di trasmissione della politica monetaria? (tralasciamo il discorso delle criptovalute, almeno per ora). Di certo, con la riduzione del contante e il diffondersi dell’uso delle carte di pagamento e del remote banking, le agenzie bancarie hanno subito, e subiranno, una evoluzione: meno cassieri e più consulenti in strutture più piccole e accoglienti.

Evoluzione lato clienti

Diamo ora uno sguardo ai clienti di oggi e a quelli di domani. I millenials e i nativi digitali sono i clienti di domani; oggi non hanno ancora grandi disponibilità di denaro. Sono piuttosto coloro che hanno più di 40 anni ad avere redditi e patrimoni che interessano la banca. Soggetti che sono nati quando si pagava in lire e la musica si ascoltava con il walkman. Queste persone sono certamente impattate (termine orribile), dalla tecnologia. Usano il remote banking e lo smartphone, ma non credo si entusiasmino ad aprire un conto dal loro telefonino: un po’ di brick e un po’ di mortar lo vogliono ancora vedere. 

I già citati nativi digitali e i millenials non devono essere convinti e riconvertiti: usano la tecnologia come protesi e non si fanno tante storie per quanto riguarda la privacy. E noi che siamo negli “anta”? Dobbiamo essere “educati” e “condotti” verso un mondo che molti faticano a riconoscere ed accettare. Non ci piace andare in banca, ma ci piace sapere che ci possiamo andare. Vorremmo fare tutto dal pc o dallo smartphone, ma ci piace sapere che se qualcosa si impalla, possiamo chiamare o andare in agenzia. Credo che la sfida per le banche sia duplice: anzitutto tenersi i clienti “col grano”, fare in modo che siano fedeli e allo stesso tempo “educarli” alle nuove tecnologie. 

Allo stesso tempo devono adattarsi, prepararsi ed evolversi (e qui si apre il capitolo delle competenze dei dipendenti bancari), per accogliere i nuovi clienti che sono completamente diversi da quelli che sono stati abituati a conoscere e gestire per anni. 

Una schiera di nuovi clienti che sarà di una ferocia inaudita: pretenderà un servizio personalizzato, in tempo reale, a basso costo, cercherà una user experience nuova e sempre diversa e non esiterà a commentare la propria esperienza sui social network (con impatto sull'immagine della banca o come si chiamerà domani). Non ci penserà un secondo a cambiare banca qualora qualcosa non torni. 

Riusciranno le banche ad affrontare questa sfida? Riusciranno ad alleggerire il fardello che si portano sulle spalle? Come sarà la banca del domani? Non faccio previsioni, potrei essere smentito o superato dalla realtà. 

Mi limito a una citazione: “Banking is necessary, banks are not” (Bill Gates).




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Egidio Forni

Appassionato di F1, mi interesso alla finanza e al rapporto tra psicologia e finanza. Sono affascinato dal mondo FinTech. Ho svolto, e continuo a svolgere, attività di docenza su temi legati alla finanza e agli investimenti.

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