- 15/01/2018
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È venerdì sera ore 17, il mio collega va dritto al punto : <<Il capo vuole parlare con te>>. Quando ti arriva una notizia del genere e per di più di venerdì sera, la prima reazione è quasi sempre: <<Cosa avrò mai combinato?>>.
Ore 17:15, il capo mi fa una "proposta indecente":<<Abbiamo bisogno di te in Brasile. Hai il fine settimana per pensarci>>. Questo ti accade quando si ha un profilo internazionale, tutti sanno che possono contare su di te quando c'è da andare in "missione speciale" all'estero.
Così è cominciata la mai esperienza a San Paolo. 4 anni di esperienze "fintastiche" in America Latina.
Il primo mito che vorrei sfatare è la sindrome da primi della classe. Il processo di democratizzazione attuato dalla tecnologia sta avendo effetti dirompenti in tutto il mondo. Così come teorizzato da Thomas Friedman, l'era della globalizzazione è caratterizzata dalla democratizzazione di 3 importanti fattori: finanza, informazioni e tecnologia. E proprio quest'ultima è stata fondamentale nel facilitare la rapida espansione dell'accesso a conoscenze e strumenti specializzati in ogni parte del globo.
Ciò è chiaro sin dall'arrivo all'aeroporto di San Paolo. È impressionante la quantità d'offerta di macchine Uber per raggiungere il centro della città. Con 17 milioni di utenti attivi al mese (il 26% del totale nel mondo) e servizio in 70 città, il Brasile è il secondo maggior mercat per Uber, giusto dopo gli Stati Uniti e prima dell'India. E non è la sola, perché a farle compagnia ci sono nuovi competitors altrettanto valenti come Cabify, 99 Taxi e Easy Taxi.
Che San Paolo sia una città molto attrattiva per l'innovazione l'hanno capito varie società internazionali. Google ha lanciato nel 2015 il suo Lanchpad Accelerator e l'hanno seguita anche Visa, Mastercard e Telefonica che hanno aperto centri d'innovazione in questa città.
Nonostante la recessione dell'ultima decada, il Banco Mondiale ha presentato una previsione nella quale la speranza di crescita nella regione è del 1,2% nel 2017 e del 2,1% nel 2018. Globalmente, Brasile e Messico sono visti come alcuni dei mercati principali in espansione.
Quanto all'universo fintech, la prospettiva è molto promettente. Vi è un'offerta di soluzioni che comprende tutti i segmenti e le tecnologie che si osservano a livello globale. Se in alcuni casi si passa da un "copia ed incolla" di soluzioni ideate in mercati più maturi e riadattati in salsa latina, in altri si riscontrano idee originali ed innovative. Nonostante ciò, il settore è ancora giovane e precisa di un solido ecosistema che possa fomentare una crescita adeguata alle potenzialità.
Gli investitori stanno iniziando a prendere di mira la regione e il Brasile è il paese che attira i maggiori interessi e investimenti. Nel 2016, questo paese ha attratto 204 milioni di dollari d'investimenti nel settore (The Pulse of Fintech Q3 2017, KPMG). Per comparazione, nello stesso anno gli investimenti in Italia sono stati di 135 milioni di Euro. Per gli investitori, l'America Latina è attrattiva anche perché permette che si contornino le rigorose leggi della zona Euro e si muovano in un mercato di maggior volume e meno regolamentato.
Se le fintech in Italia sono attualmente 195, il numero totale di fintech nei paesi LATAM è di 703 secondo uno studio del "Banco Interamericano de Desarollo" (BID). La ripartizione è proporzionale alle dimensioni dei paesi ospitanti:
- Brasile: 230 (33%)
- Messico: 180 (26%)
- Colombia: 84 (12%)
- Argentina: 72 (10%)
- Chile: 65 (9%)
- Altri paesi (Perù, Ecuador, Uruguay, ecc.): 72 (10%)
5 paesi ospitano il 90% delle aziende e un dato interessante è che il 60% di queste giovani aziende dell'area LATAM siano nate dal 2014 in poi. Ciò ci fa capire quanto il fenomeno sia esploso negli ultimi anni ma anche quanto le aziende siano ancora giovani e con strutture e modelli di business ancora da consolidare.
A conferma di quest'ultimo punto, solo il 19,6% delle aziende operano in più di un paese. D'altronde con un mercato delle dimensioni del Brasile (207 milioni) o del Messico (127 milioni), non sorprende che l'obiettivo principale resti conquistare fette di mercato locale.
Una tendenza importante di queste nuove avventure è che molte puntano a servire segmenti fino ad ora non coperti dal sistema finanziario, quella parte di popolazione che non ha accesso ("unbanked") o che ha un accesso ristretto ("underbanked") ai servizi finanziari tradizionali.
Il LATAM è in gran parte ancora un mercato inesplorato e complesso da comprendere visto con gli occhi di un occidentale. Per chi ha una carta di credito e un conto corrente, è difficile immaginare che esiste una quantità rilevante di persone che vive senza questa possibilità. Per noi nascondere i soldi sotto il materasso ricorda più la scena di una commedia all'italiana che la realtà di tutti i giorni di milioni di persone.
Per capire a fondo questi fenomeni, è infatti necessario comprendere alcune peculiarità del sistema finanziario dell'area.
Prima su tutti l'esclusione finanziaria, che se misurata in base al possesso di un conto bancario si stima sia del 49%. Ma questa proporzione cresce significativamente quando si esamina l'uso di strumenti di credito, risparmio e assicurazioni. In Brasile, ad esempio, dove la maggioranza delle aziende sono piccole e affrontano problemi di liquidità, il 53% delle PMI non hanno accesso al credito. È logico quindi immaginare che gli appetiti delle nuove aziende si concentrino proprio su questa fetta gigante di "promessi clienti".
Un altro fattore chiave che stimola la crescita delle imprese fintech nella regione è che la regione abbia affrontato una severa crisi bancaria che è durata più di una decada. Il risultato è che oggi esiste una domanda repressa per soddisfare il finanziamento a privati e PMI, i principali segmenti che le nuove fintech stanno attaccando. Un esempio dell'eredità di questa crisi sono gli altissimi interessi della carta di credito e i clienti sono quindi alla ricerca di alternative migliori.
Un dato più di altri ci fa capire la situazione dell'industria finanziaria: le cinque maggiori banche brasiliane controllano il 90% delle filiali. Al contrario, negli Stati Uniti, le prime cinque banche detengono solo il 20% circa di tutte le filiali. Già oggi l'ingresso di nuovi players ha stimolato le banche a reagire, investendo maggiormente in innovazione tecnologica per ridurre i costi operativi, automatizzare i processi e ampliare i canali digitali.
Non ultimo per importanza, la società latino-americana è molto giovane e avida utente mobile. In Brasile si contano più apparecchi che popolazione umana e nell'intero spazio Latam l'utente è connesso in media più di 90 minuti al giorno al suo smartphone, superando il tempo davanti al televisore.
L'America Latina si trova quindi in un momento favorevole nel quale si percepiscono alcuni fattori ideali per lo sviluppo delle fintech:
- Un mercato dai grandi volumi, con alti indici di possibili nuovi clienti;
- Una industria con costi alti e bassa qualità dei servizi;
- Una popolazione giovane e aperta alle novità; che dispone di tecnologie digitali poco costose;
- Una presenza di investitori di capitali nazionali ed internazionali che scommettono sulla regione;
- Un emergente ecosistema fatto d'imprenditorialità e risorse umane di talento, giovane ed esperto nei servizi finanziari e nelle tecnologie digitali;
- Governi sono sempre più interessati a che l'innovazione porti i servizi finanziari a chi fino ad ora ne è rimasto escluso.
Il messaggio è chiaro: la revolución fintech è arrivata per rimanerci.
La regione è alle porte di un grande salto digitale che avrà un grande valore per il progresso sociale della regione poiché permetterà di mettere nelle mani di ampi segmenti della popolazione ottime soluzioni digitali e di basso costo che porteranno all'eradicazione dell'esclusione finanziaria.