- 22/02/2022
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Il sistema pensionistico italiano viene da molti definito una “bomba a orologeria” pronta a scoppiare, a causa dell’ormai irreversibile crisi demografica del BelPaese e del conseguente invecchiamento della popolazione, il quale fa sorgere una domanda ancora priva di risposta: chi pagherà le pensioni ai giovani?
Prima di addentrarci nelle varie problematiche caratterizzanti il sistema pensionistico italiano, comprendiamone innanzitutto il funzionamento.
Come adeguatamente spiegato nella sezione dell’INPS relativa al calcolo delle pensioni, fino al 31 dicembre 2011 le pensioni italiane erano calcolate con il sistema retributivo, ovvero rapportate alla media delle retribuzioni degli ultimi anni lavorati.
Il sistema retributivo si basava su tre elementi principali:
- l'anzianità contributiva, ovvero il totale dei contributi fino a un massimo di 40 anni
- la retribuzione/reddito pensionabile, ovvero la media delle retribuzioni percepite negli ultimi anni di attività lavorativa
- l'aliquota di rendimento, pari al 2% annuo della retribuzione percepita, decrescente per le fasce di importo superiore. Per esempio, una persona che matura 30 anni di contributi, riceverà una pensione pari al 60% della retribuzione percepita (30 x 2%).
Con la Riforma Monti-Fornero, dal 1° gennaio 2012 il sistema retributivo è stato sostituito con il sistema contributivo, per cui la pensione viene adesso calcolata non in base al reddito maturato negli ultimi anni di vita lavorativa, bensì attraverso il calcolo dei contributi totali versati.
Il sistema contributivo si basa su tre elementi principali:
- il montante contributivo, ovvero la somma dei contributi versati
- la rivalutazione, calcolata dall’Istat in base al PIL nazionale
- il coefficiente di trasformazione, ovvero il valore che traduce in pensione annua il montante contributivo accumulato dal lavoratore.
Alla spiegazione del funzionamento dei due differenti sistemi di calcolo delle pensioni, aggiungiamo che il sistema pensionistico italiano è altresì basato sul cosiddetto meccanismo a ripartizione, ovvero i contributi versati dai lavoratori attivi sono utilizzati per pagare le pensioni correnti.
Questo porta non solo all’obbligatorietà dell’apertura di una posizione previdenziale (i lavoratori sono obbligati a pagare i contributi previdenziali e sociali), ma anche a una sorta di “patto inter-generazionale”, per cui i giovani devono pagare le pensioni agli anziani. Ed è qui che risiede “l’inghippo”.
Il Paese dei nonni
Il report sulle previsioni demografiche pubblicato dall’ISTAT nel novembre 2021 offre un quadro “allarmante” del futuro demografico italiano.
Nel 2050, infatti, l’età media della popolazione italiana sarà pari a 50,7 anni. Nel 2048, i decessi potrebbero doppiare le nascite (rispettivamente 784mila contro 391mila).
Inoltre, si assisterà a un lento ma graduale calo della popolazione, per cui nel 2070 potremmo registrare una perdita complessiva di 12,1 milioni di residenti rispetto a oggi. 12,1 milioni di italiani in meno.
Questi dati ci riportano alla domanda formulata nel precedente paragrafo: se i lavoratori attivi saranno sempre di meno e gli anziani in pensione sempre di più, chi pagherà le pensioni ai lavoratori di oggi?
La risposta che vogliamo dare in questo articolo è la seguente: data l’eventualità che lo Stato non riuscirà a farsi carico di tutte le pensioni, sarà necessario ricorrere a un piano pensionistico privato.
Fondi pensione: quale piano pensionistico scegliere
Possiamo definire i fondi pensione come uno strumento di risparmio di lungo-termine a cui si ricorre per integrare la pensione ricevuta dallo Stato. I fondi pensioni sono disponibili sia per i lavoratori (pubblici, privati, autonomi e liberi professionisti) che per i non lavoratori (studenti, disoccupati e inoccupati, soggetti fiscalmente a carico, etc.).
Individuiamo tre differenti tipologie di fondi pensione:
- I fondi pensione aperti
- I fondi pensione chiusi
- I piani pensionistici privati (PIP)
I fondi pensione aperti permettono l’adesione a chiunque, indipendentemente dalla propria posizione lavorativa, dunque sia ai lavoratori che ai non lavoratori o ai soggetti fiscalmente a carico. I fondi pensione aperti sono strumenti finanziari offerti da banche, assicurazioni, Società di Intermediazione Mobiliare (SIM) e Società di Gestione del Risparmio (SGR).
I fondi pensione chiusi (o negoziali) sono, come suggerisce il nome, non sono aperti a tutti ma piuttosto sono riservati esclusivamente a specifiche categorie di lavoratori. I fondi pensione chiusi sono istituiti da contratti o accordi collettivi di lavoro, pertanto prevedono solo adesioni in forma collettiva dei lavoratori. Per esempio, può rappresentare un fondi pensione chiuso quello dei metalmeccanici derivante da un accordo tra il sindacato e l’azienda.
I piani individuali pensionistici, infine, sono tipologie di fondi pensione istituiti esclusivamente da imprese assicurative e, al contrario dei fondi pensione chiusi, prevedono un’adesione di tipo individuale e non collettiva.
Alternative ai fondi pensione tradizionali: i PAC con ETF
Aggiungiamo un paragrafo “bonus” per introdurre uno strumento finanziario considerato alternativa ai fondi pensione tradizionali di cui abbiamo appena discusso: i PAC con ETF.
Acronimo di “Piano di Accumulo di Capitale”, un PAC è un particolare strumento che permette al risparmiatore di investire attraverso versamenti periodici di capitale, somme costanti che vengono versate per un determinato periodo di tempo, al fine di acquistare specifici strumenti finanziari. Strumenti finanziari che possono essere, appunto, gli ETF, su cui investire mediante sottoscrizione di un PAC.
Gli ETF (Exchange Traded Funds) sono fondi d’investimento a gestione passiva, ovvero basati su una strategia di investimento che si limita a replicare un benchmark di riferimento (per esempio un indice azionario). Acquistare un ETF vuol dire investire su un paniere di titoli differenti, e il rendimento dipenderà dunque dalla performance di tutti i titoli su cui il fondo investe.
Per esempio, un ETF MSCI World è un fondo di investimento che prova a replicare la performance dell’indice MSCI World, paniere che racchiude 1.546 titoli azionari quotati nelle Borse di 23 Paesi sviluppati.
Gli ETF sono scelti per i bassi costi di gestione nonché per i vantaggi legati a un investimento altamente diversificato. I PAC di ETF, dunque, possono essere un’alternativa ai fondi pensione tradizionali, ma è bene analizzare nel dettaglio i costi nonché la fiscalità prevista per questi particolari strumenti finanziari.
Scegliere un buon piano pensionistico: cosa devi valutare
Per scegliere un piano pensionistico adatto al proprio profilo, bisogna innanzitutto valutare il proprio orizzonte temporale d'investimento (quanto manca al pensionamento), la propensione al rischio (quanto cioè si è disposti a tollerare le oscillazioni dei mercati finanziari), gli obiettivi di risparmio e le esigenze di liquidità. Da tenere in assoluta considerazione, poi, gli eventuali benefici fiscali previsti dal piano pensionistico scelto.
Fatte tutte queste valutazioni, occorre analizzare un altro elemento determinante nella scelta di un fondo pensione: i costi.
I costi di un fondo pensione sono di tre tipi:
- costi diretti, richiesti al momento dell’adesione e successivamente calcolati su ogni versamento
- costi indiretti, legati alla gestione del capitale da parte dell’intermediario incaricato
- costi eventuali, legati alle scelte compiute dall’aderente, come i costi per coperture assicurative accessorie, costi di trasferimento e anticipazione del capitale, costi di riscatto o cambio gestione, etc.
A tal proposito, la COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione) ha sviluppato l’Indicatore Sintetico di Costo (ISC), ovvero un indicatore che definisce il costo annuale di un piano pensionistico. Per esempio, un ISC del 2% invece che dell’1% su un piano pensionistico aperto da 35 anni può ridurre il capitale accumulato del 18%. Quindi, se dopo 35 anni abbiamo accumulato un capitale di 100.000 euro, in questo scenario scenderebbe a 82.000 euro. Una riduzione non indifferente che ci fa capire quanto sia importante avere un quadro chiaro, trasparente e aggiornato dei costi legati al proprio piano pensionistico.
Conclusione
Siamo arrivati dunque al termine del nostro articolo sui piani pensionistici.
Abbiamo visto come l’invecchiamento demografico del nostro Paese minaccia la tenuta dell’intero sistema pensionistico italiano e spinge i risparmiatori verso la necessità di aprire un piano pensionistico privato. Pagare i contributi obbligatori, pertanto, potrebbe non essere sufficiente a garantirsi una pensione soddisfacente.
Scegliere un buon piano pensionistico, adatto alle proprie esigenze di liquidità e investimento non è materia facile, in quanto sono da valutare, oltre il proprio profilo di investimento, anche le varie tipologie di costo previste per l’apertura di un fondo pensione.
I fondi pensione sono materia finanziaria, per cui consigliamo di continuare a studiare e ad approfondire concetti quali mercati finanziari, investimenti e risparmio, nonché all’occorrenza rivolgersi a un intermediario finanziario esperto e regolamentato.