- 17/06/2022
“Sad, but it's true, girl / Every fool's got to learn he's got nothing to lose / Playin' by the rules”, così cantava Michael McDonald nel 1982. Le cose non sono cambiate molto da allora e anzi valgono per settori che all’epoca neppure esistevano.
Come il fintech per l’appunto.
Il settore delle startup B2B in Europa è complessivamente in buona salute e certamente le fintech e le neobank B2B non fanno eccezione.
Spesso le banche tradizionali non offrono flessibilità e agilità sufficienti per i piccoli clienti business. Per questo sempre più lavoratori autonomi, professionisti e imprenditori si rivolgono alle neo-banche e ad altri servizi fintech B2B per gestire al meglio la propria attività.
Ma, come ogni settore ad alto tasso d’innovazione, ci sono anche delle criticità.
A livello nazionale, a fine marzo, Bankitalia ha bloccato l’acquisizione di nuovi clienti per N26, perché avrebbe riscontrato delle carenze nel rispetto della normativa che riguarda l’antiriciclaggio.
Un aspetto su cui, va detto, N26 si è subito impegnata a migliorare.
A livello internazionale, ci sono stati i fallimenti di fintech come Swoon, che operava senza licenza, lo scandalo Wirecard che ha portato al fallimento del fintech Boon.
C’è poi il tema del taglio del personale e della rivalutazione al ribasso di alcune fintech globali, veri e propri giganti che in queste settimane si sono scoperti più fragili del previsto.
È facile quindi dedurre che investitori e clienti dovrebbero scegliere un servizio fintech anche in base alle garanzie che questo offre. A partire dall’avere o meno una licenza.
L'importanza delle licenze per le aziende fintech
Non c'è dubbio, infatti, che le fintech ottengano un reale vantaggio competitivo e reputazionale ottenendo una licenza, sia essa di credito o più spesso di pagamento, che può essere ottenuta in un paese dell'UE e poi esportata in tutta Europa, per crescere rapidamente in più mercati.
Diversi regolatori europei hanno evidenziato negli scorsi mesi la mancanza di licenze tra le fintech. Come nel caso della francese Autorité de contrôle prudentiel et de résolution (ACPR), che lo scorso marzo ha messo in guardia contro la mancanza di redditività nel modello di business di alcune fintech e contro la mancanza di una licenza di pagamento, di moneta elettronica o d’istituto di credito.
Certo, non tutte le fintech possono partire solo dopo aver ottenuto una licenza bancaria, perché i fondi da detenere sono ingenti e la procedura per ottenerla lunga e complessa.
Tuttavia, dovranno adattarsi al contesto di riferimento e al prodotto che offrono, decidendo se la licenza bancaria sia davvero necessaria. Se lo è bisogna organizzarsi per ottenerla. Oppure agire in modo diverso, ma senza creare rischi per i propri clienti.
Se, invece, la licenza di un istituto di credito non è indispensabile, la buona notizia per la maggior parte delle fintech è che ci sono licenze più flessibili e più facili da ottenere.
Si tratta, ad esempio, delle licenze d'istituto di pagamento e d'istituto di moneta elettronica. Come nel caso di FINOM, che ha ottenuto in Olanda la licenza di moneta elettronica a novembre 2021.
Queste licenze garantiscono la conformità delle fintech alle operazioni transazionali quotidiane come la gestione dei pagamenti digitali, la creazione di IBAN, prelievi da carte, pagamenti mobili, ecc., consentendo al cliente di trattenere una parte dei propri fondi in questo conto e obbliga la fintech a svolgere i processi Know Your Customer necessari a garantire la tracciabilità dei fondi.
Garantire i clienti e proteggere i loro soldi è fondamentale
Anche i clienti dovrebbero essere rassicurati dal fatto che il loro capitale è detenuto da una banca esterna con la quale la fintech è obbligata ad avere un accordo. Non è un dettaglio da poco.
Lo dimostra, ad esempio, la storia di centinaia di ex clienti - pare circa 500 - di Swoon, che hanno perso i loro soldi. Perché i soldi sarebbero stati depositati abusivamente su un'oscura piattaforma di credito per le PMI, erroneamente presentata come intermediario nelle transazioni bancarie e nei servizi di pagamento.
Ma quella piattaforma non aveva più lo status di intermediario all’arrivo dei fondi. Essendo Swoon un semplice creatore di software e non una fintech con regolare licenza, è improbabile che questi clienti ottengano mai indietro i loro soldi.
Inoltre, l'ottenimento di una licenza è, di per sé, sintomatico della forza di un modello di business, in quanto i fondi e le condizioni da soddisfare sono già molto stringenti (es. la fintech che vuole ottenere una licenza di pagamento impiegherà circa un anno a completare l’iter, con un costo tra 1 e 2 milioni di euro).
Il semplice fatto di ottenere una licenza è quindi già, di per sé, evidenza visibile di un solido modello di business, in grado di rassicurare gli investitori.
Insomma, giocare secondo le regole non solo migliora la reputazione, ma tranquillizza anche clienti, investitori e regolatori. Quello che insegnano le canzoni pop degli anni '80 talvolta è proprio vero. Giocare secondo le regole aiuta tutto il fintech. Tenerlo a mente fa bene a tutti.
Di Antonio la Mura, Country Manager di FINOM in Italia