- 28/04/2022
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La sfida tra Stati Uniti e Cina è vista da molti osservatori economici come una nuova guerra fredda. Si tratta di uno scontro commerciale, politico e culturale tra due civiltà profondamente diverse tra loro.
Nel 1981, il tasso di povertà della popolazione cinese era pari all’88% ed il prodotto interno lordo pro capite equivaleva a soli 160 dollari.
Grazie a tre decenni di riforme, iniziate con Deng Xiaoping, leader della Repubblica Popolare Cinese dal 1978 al 1989, ben 750 milioni di cittadini cinesi sono usciti dalla povertà. Il risultato è evidente: da una delle nazioni più povere del mondo, la Cina è diventata la seconda potenza economica mondiale.
Il modello economico adottato dalla Cina, che ha permesso all’economia del Dragone di imporsi come "superpotenza" nonostante un apparato di potere di ispirazione comunista, è stato definito dagli economisti come “Capitalismo di Stato”.
Parliamo di un modello “ibrido” che incoraggia gli scambi commerciali e l’iniziativa economica privata, all’interno di un regime di economia pianificata (dunque sotto il rigido controllo dello Stato centrale).
Adesso, gli occidentali temono un incredibile sorpasso. Secondo il Centre for Economics and Business Research (Cebr), società indipendente di analisi e previsioni economiche, entro il 2030 la Cina diventerà la prima potenza economica mondiale.
Inoltre nel 2021, per la prima volta nella storia, il prodotto interno lordo cinese ha superato quello dell’Unione europea. Con una crescita del 5,2%, ilPIL dell’Unione europea nel 2021 era pari a poco più di 17 trilioni di dollari.
Dall’altro lato, secondo quanto riportato dal National Bureau of Statistics, istituto nazionale cinese di statistica, il PIL del Dragone nello stesso anno è cresciuto dell’8,1%, toccando quota 17,7 trilioni di dollari.
In questo articolo, proveremo a descrivere un particolare terreno di gioco in cui la sfida tra Cina e Stati Uniti si sta articolando: le criptovalute.
Lo Yuan digitale: cos’è e come funziona
In un precedente articolo pubblicato su Fintastico, abbiamo analizzato l'ipotesi secondo cui le criptovalute possano realmente sostituire le monete tradizionali.
Nell’analisi delle opinioni contrapposte tra sostenitori delle criptovalute e scettici, abbiamo per la prima volta parlato dello e-yuan, la valuta digitale cinese lanciata dal governo di Pechino e tuttora in fase di test. Di cosa di tratta?
Supportato dalla Central Bank Digital Currency (CBDC), lo Yuan Digitale è la criptomoneta sovrana cinese nata nel 2014 con l’obiettivo di controllare la massa monetaria in circolazione attraverso l’utilizzo di sistemi informatici.
Il progetto promosso dal governo cinese rientra nel quattordicesimo Piano quinquennale per lo sviluppo economico e sociale della nazione e gli obiettivi a lungo termine entro l’anno 2035. In questo quadro, la Cina si impegna a promuovere investimenti in ricerca e sviluppo delle criptovalute.
La principale differenza tra lo yuan digitale e le altre criptovalute è che l’offerta di moneta digitale è controllata dalla banca centrale cinese, per cui non è previsto alcun mining di yuan digitale. Inoltre, il valore dello e-yuan equivale a quello del denaro fisico, pertanto la criptovaluta di Stato non presenta la stessa volatilità media che solitamente caratterizza le altre criptovalute presenti sul mercato.
Come funziona? Dopo aver scaricato l’app dedicata, l’utente potrà comprare gli yuan digitali dalla propria banca di fiducia oppure convertire gli yuan normali in yuan digitali.
L’applicazione, inoltre, permette di effettuare transazioni anche senza connessione internet, agevolando così il commercio al dettaglio offline.
Attualmente, l’e-yuan è utilizzato dal 20% della popolazione (ovvero circa 260 milioni di persone), e il suo utilizzo si registra nelle 12 maggiori città della Repubblica Popolare, tra cui Pechino, Shanghai e Shenzen, dove sono concentrati i test-pilota della criptovaluta.
La battaglia delle criptovalute: la sfida lanciata al dollaro
Nel suo saggio “Fermare Pechino - Capire la Cina per salvare l’Occidente”, il giornalista Federico Rampini spiega nel dettaglio il braccio di ferro tra gli Stati Uniti e la Cina nel campo delle criptovalute.
Secondo Rampini, infatti, la creazione dello yuan digitale da parte del governo cinese non mira semplicemente a rafforzare la moneta nazionale, bensì a sostituire il dollaro come moneta dominante negli scambi commerciali internazionali.
Attualmente, infatti, il dollaro occupa un ruolo di assoluta centralità: è la moneta di scambio utilizzata per l’88% delle transazioni sui mercati dei cambi, mentre lo yuan si ferma al 4%.
Gli Stati Uniti, spiega Rampini, hanno sempre utilizzato il predominio del dollaro come una vera e propria arma geostrategica.
Un esempio è rappresentato dalle sanzioni americane, che fanno leva proprio sul ruolo del dollaro nel sistema internazionale dei pagamenti. Quando l’America applica sanzioni economiche a paesi come Iran, Corea del Nord o Birmania, può contare su una folta rete di banche centrali che si adeguano per non restare escluse dal circuito del dollaro.
Per questo motivo, lo yuan digitale è molto più che un esperimento di criptovaluta nazionale. Un argomento forte alla base della creazione di una criptovaluta sovrana è legato alla questione ambientale: il mining di criptovalute inquina, poiché emette grandi quantità di CO2.
L’estrazione mineraria digitale, infatti, consuma un ammontare elevato di energia elettrica, il cui costo in Cina sta aumentando. Per questo motivo, il governo di Pechino, tramite forti ostilità e un netto rialzo dei costi di produzione, ha costretto diversi miner digitali ad andare via dalla Cina, spostando la propria sede in posti come il Texas o il Canada.
Ricordiamo che la Cina, insieme ad altri otto paesi (Egitto, Iraq, Qatar, Oman, Marocco, Algeria, Tunisia e Bangladesh) ha vietato l’utilizzo di criptovalute nelle transazioni. Nonostante ciò, la Cina rappresenta un paese all’avanguardia nei pagamenti digitali: Alipay, l’app di pagamento del gigante dell’e-commerce Alibaba, nel 2019 registrava la bellezza di 900 milioni di utenti cinesi. Parliamo di circa il 70% della popolazione cinese.
Gli Stati Uniti, in ogni caso, non rimangono a guardare. L’amministrazione Biden ha lanciato il progetto di dollaro digitale, ufficialmente per contenere i rischi finanziari e di sicurezza derivanti dallo sviluppo esplosivo delle criptovalute.
Ma la Cina è molto più avanti: come specificato, sono già 260 milioni gli utenti che utilizzano lo yuan digitale, che tenta dunque di giocare un ruolo chiave anche nelle transazioni globali.
Conclusioni
Affinché una criptovaluta possa sostituire una moneta tradizionale, è necessario che sia capace di svolgere tre funzioni fondamentali:
- mezzo di pagamento;
- unità di conto;
- riserva di valore.
Proprio la riserva di valore ha finora rappresentato il “tallone d’Achille” delle criptovalute, a causa delle fluttuazioni selvagge che caratterizzano questo particolare mercato.
La creazione dello yuan digitale mira a risolvere esattamente questo: una criptovaluta sovrana controllata dalla banca centrale riuscirebbe a garantire stabilità e sicurezza, poiché proteggerebbe la criptovaluta dalla volatilità tipica delle crypto.
Ecco perché la sfida lanciata al dollaro mediante il progetto dello e-yuan risulta più credibile che mai. Una criptovaluta di Stato permetterebbe al governo di Pechino di controllare la sua popolazione grazie alla tracciabilità totale garantita dai sistemi informatici, gestiti interamente dalle autorità centrali.
Per questo motivo, lo scontro tra Stati Uniti e Cina nel campo delle criptovalute è, se vogliamo, anche di tipo “filosofico”. Da un lato, bitcoin e le criptovalute “classiche”, esaltazione delle spinte anarchiche e libertarie proprie di un modello completamente privatistico e decentralizzato.
Dall’altro lato, la “sottomissione” delle criptovalute al governo e alla banca centrale, ovvero la creazione di una criptovaluta sovrana che mira a riscrivere le regole della politica monetaria internazionale.
Dopo aver inventato la moneta cartacea (l’introduzione delle banconote si deve all’imperatore cinese Hien Tsung, nell’806 d.C.), i cinesi provano a guidare l’innovazione anche nel campo delle criptovalute.