- 19/02/2019
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Qui di seguito l'intervista a Paolo La Torre, partner di Be Think, Solve, Execute S.p.A., un gruppo attivo nel settore dell'IT Consulting con progetti importanti avviati con primari gruppi bancari e assicurativi in Italia e all'estero. Attraverso questa intervista, scopriremo come banche e assicurazioni stanno affrontando i cambi tecnologici e la comparsa dei nuovi attori sul mercato: fintech e bigtech.
Credi che ci siano delle similitudini tra la bolla dot-com dei primi anni 2000 e il fintech?
E’ difficile fare previsioni, tuttavia le bolle si assomigliano tutte (cit. John Kenneth Galbraith) e questa non sembra fare eccezione. Sicuramente ci sono molte similitudini il livello degli investimenti da parte dei fondi di Venture Capital (VC) in questo settore ricorda gli investimenti fatti nelle dot-com del 2000, ma a mio avviso ci sono delle differenze importanti: i fondi di VC, le banche etc. sono molto più attenti e cauti nella scelta delle società su cui investire ma soprattutto le banche stanno cercando dei metodi alternativi di collaborazione e partnership con le fintech in modo da evitare un investimento diretto ma sfruttare i vantaggi che queste società possono apportare. In Italia essendoci meno fintech a nostro avviso ci sono meno investimenti e questi effetti si percepiscono meno.
All'interno di Be, quali metodologie o strategie implementate per aiutare le organizzazioni nel processo di trasformazione digitale?
Ottima domanda, la trasformazione digitale è un tema estremamente delicato e spesso si assiste a progetti di innovazione nati perché i competitor impongono una determinata innovazione. Il nostro approccio verso i nostri clienti è quello di partire da una visione degli investimenti necessari al fine di individuare quelli che effettivamente avranno un impatto sul cliente seguendo l’end to end del progetto, dalla strategia allo sviluppo.Rispetto agli altri Paesi Europei, come giudichi l'evoluzione del fintech nel nostro Paese? C'è un ritardo?
Personalmente riscontro un grosso ritardo rispetto ad altri paesi, si pensi all’Inghilterra o ad altri paesi nordici. Purtroppo la complessa macchina burocratica e l’elevata tassazione non rendono l’Italia altamente attrattiva dal punto di vista degli investimenti e men che meno dalle start up fintech che necessitano di essere supportate nelle prime fasi del loro ciclo di vita. Lo dimostra anche il fatto che realtà oramai rinomate nel mondo fintech come Monzo, Revolut, Starling, Chip, etc. non sono realtà italiane.Che ruolo gioca, una realtà come quella di Be, nel mettere in contatto banche e assicurazioni con le startup fintech e le ultime innovazioni sul mercato?
La tendenza che vediamo ad oggi nel mercato dei Financial Services è quella di effettuare partnership o di supportare le Banche/ Assicurazioni a diventare dei veri e propri ecosistemi che integrano servizi proprietari o di terze parti (Fintech appunto). Pertanto il nostro approccio è quello di monitorare attentamente il mercato delle fintech e di collaborare direttamente con quest’ultime per rafforzare la nostra proposition verso il mercato.PSD2 e MIFID2 sembrano la tempesta perfetta per una banca, secondo te che effetti avranno nel medio-lungo periodo?
La PSD2 rappresenta una sfida impegnativa per le Banche che dovranno consentire l’accesso ai conti online dei clienti a nuovi attori, ma d’altro canto la necessità di mitigare i rischi è per loro incentivo ad innovare l’offerta e accelerare la trasformazione digitale. Chi saprà definire una roadmap con una chiara visione della propria ambizione e dotandosi delle opportune capabilities tecnologiche potrà godere dei benefici di questa trasformazione nel medio lungo periodo. Il nostro ufficio di Londra ci dà la possibilità di vedere la tematica dal punto di vista di chi ha già implementato la PSD2 da un anno. Ad un anno dall'entrata in vigore della PSD2 l’applicazione della regolamentazione risulta essere ancora lontana dal raggiungimento del suo massimo potenziale, ciò sembra essere dovuto principalmente al fatto che le banche si siano limitate ad investire lo stretto necessario per diventare compliant senza ampliare gli orizzonti e sfruttare le effettive potenzialità della riforma. Possiamo immaginare che in Italia accadrà lo stesso. Non molto differente è ciò che è accaduto per MIFID II: gran parte degli intermediari si sono focalizzati fino ad oggi sugli interventi strettamente di compliance, che sono stati onerosi e complessi e non hanno lasciato molto spazio all'innovazione. La sfida per i prossimi anni sarà un utilizzo sofisticato della tecnologia e dell’algoritmica a supporto delle opportunità offerte dalla MiFID II per esempio consulenza indipendente appoggiata a servizi di robo-advisory, negoziazione algoritmica su mercati con strategie di machine-learning, big data sofisticati per la gestione e il data-quality sulle segnalazioni regolamentari.La tecnologia Blockchain è entrata con prepotenza nelle agende di mezzo mondo. Come vi state muovendo su questo fronte?
La Blockchain è un tema molto interessante con grandi potenzialità in tutti i mercati. Come Be stiamo osservando le evoluzioni di questa tecnologia nel mercato Financial Services per capire come può essere utilizzata come acceleratore nei processi di digitalizzazione ma soprattutto in ambito compliance e regulatory. Abbiamo team dedicati che hanno costanti allineamenti verso esperti di settore ed autorità competenti ma al momento siamo in una fase di studio e riteniamo che servirà ancora un po’ di tempo prima di vedere l’industrializzazione di questa tecnologia.Attualmente collaborate con la Bundesbank per la modernizzazione del loro sistema di pagamenti, vedremo presto la Germania abbandonare l'uso dei contanti? Come procede questa collaborazione?
La Germania è uno dei mercati più grandi in merito all'utilizzo del contante, e ci vorrà molto tempo affinché i pagamenti cashless vengano utilizzati in tutto il paese. L’annoso tema del contante vs. cashless è profondamente legato al comportamento psicologico delle persone che vedono il contante come uno strumento difficilmente controllabile. Guardando i numeri, l’ultimo annuncio della Bundesbank riporta che, il 48% di tutte le transazioni private avviene ancora con il contante. Sicuramente le nuove tecnologie come Apple Pay e Google Pay cambieranno i comportamenti dei consumatori e comporteranno una riduzione dell’utilizzo dei contanti ma appare evidente che le nuove tecnologie verranno utilizzate principalmente dai digital native che al momento sono solo una piccola percentuale della popolazione. Pertanto non prevediamo per la Germania un raggiungimento delle percentuali di penetrazione riscontrate nei paesi nordici nel breve periodo, ma la diffusione delle infrastrutture di instant payment sicuramente saranno un game changer.
La collaborazione con la Bundesbank esiste da molti anni. Questo è principalmente dovuto alla profonda conoscenza dei processi/organizzazione e dei sistemi IT della Deutsche Bundesbank. Be si è dimostrata per la Deutsche Bundesbank un partner affidabile per lo sviluppo di complesse infrastrutture di pagamento, siamo il principale partner su Swift, e per questo motivo la fiducia create ci sta aiutando a posizionarci anche come provider di servizi innovativi che implementano soluzioni di intelligenza artificiale.
A volte, vediamo banche che si affannano nella rincorsa all'innovazione a tutti i costi e lanciano una nuova app mobile. Dal tuo punto di vista, quanto è importante la strategia prima di affrontare un percorso di trasformazione digitale?
La strategia negli investimenti è fondamentale come in ogni altra attività imprenditoriale. Tuttavia la visione a lungo termine negli investimenti dedicati all'innovazione è condizione indispensabile per definire un percorso coerente, e paziente dei frutti che si pianifica di raccogliere. L’impressione che abbiamo nell'osservare il mercato in questi anni è che gli obiettivi siano prevalentemente tattici e basati su logiche di visibilità e posizionamento anziché dettati da reali obiettivi di innovazione di processo o di prodotto. Molte scelte sono di tipo trend following (Design by analogy) e raramente osserviamo casi originali e costruiti intorno ad un percorso pensato per l’azienda ed i suoi clienti.
Spesso parlando di banche e startup fintech si parla di coopetition. Credi sia ancora una strategia valida?
Come anticipavo nelle risposte precedenti analizzando l’andamento del mercato dei Financial Services la collaborazione risulta assolutamente una strategia valida in questo mercato risultando mutualmente vantaggiosa per le fintech e per le Banche e le Assicurazioni. Molti danno per scontato che le fintech esistano per disintermediare i servizi offerti dalla banca/assicurazioni, ma in molti casi però non è così infatti in molti casi l’offerta delle imprese fintech è complementare o addirittura nasce per servire dei segmenti di mercato non rilevanti per le istituzioni finanziarie tradizionali. Per fare un esempio prendiamo le fintech cheoperano nel digital lending (Funding Circle, OnDeck, Kabbage, etc.) molte banche oggi stanno creando partnership (Santander, JPMorgan, etc) per far si che i clienti meno redditizi vengano gestiti dalla fintech mentre i clienti più meritevoli vengono gestiti dalla banca stessa. Oppure le banche invece di investire milioni per creare dei servizi di onboarding digitale si appoggiano a delle fintech che offrono servizi specifici di AML, KYC etc. Penso dunque che la collaborazione sia assolutamente la strategia che i Financial Services applicheranno nei prossimi 5 anni e che li aiuterà a svecchiare le infrastrutture obsolete che hanno stratificato nel tempo trasformandosi in vere e proprie piattaforme di servizi proprietari e di partner terzi (le fintech).Grazie Paolo per la tua disponibilità, in bocca al lupo a te e al Gruppo Be, alla prossima!