- 10/05/2017
Il fenomeno del robo-advisory si colloca nell'alveo delle distruptive innovations, rivoluzioni tipiche del fintech, in grado di sconvolgere le logiche competitive e trasformare i modelli di business preesistenti. Trattasi di una nuova categoria di consulenti finanziari i quali erogano i tradizionali servizi di pianificazione e di gestione del portafoglio mediante piattaforme online grazie a sofisticati algoritmi statistico-matematici progettati al fine di produrre un output che assuma le vesti di una raccomandazione personalizzata.
Questo inedito nonché più economico canale distributivo ha reso possibile l'inclusione finanziaria di un target di clientela meno abbiente (il c.d. mass market), precedentemente escluso dalla fruizione di un servizio elitario quale la consulenza in materia di investimenti.
Dal punto di vista giuridico, allo stato attuale, i robo-advisors sono trattati dal legislatore italiano alla stregua di qualsiasi altro soggetto abilitato alla prestazione del servizio; infatti, questi ultimi soggiacciono alle disposizioni contenute nel Regolamento Intermediari. Tuttavia, in ragione del fatto che il suddetto impianto regolamentare è stato concepito e strutturato per l'erogazione del servizio da parte di consulenti tradizionali, si rilevano alcuni profili giuridici critici ove l'erogazione del servizio venga demandata a dei robo-advisors.
Oltre alle criticità connesse alla profilatura del cliente ed alla valutazione dell'adeguatezza del consiglio di investimento – passaggi cruciali i quali, senza adeguati presidi, risultano essere altamente rischiosi ove completamente automatizzati – è necessario porre attenzione alla valenza sistemica che connota i robo-advisors, ossia la loro attitudine a raggiungere contemporaneamente molte più persone rispetto alla consulenza individuale erogata da consulenti finanziari fisici, sicché l’impatto causato da errori, malfunzionamento dell'algoritmo o comportamenti dolosi, può risultare seriale e grandemente amplificato.
A tal proposito, qual è la migliore strategia onde gestire e/o prevenire l'insorgere di eventi patologici connessi all'impiego dei robo-advisors? In che modo si può assicurare che sul mercato operino soltanto robo-advisors efficienti e ben implementati?
Interrogativi estremamente interessanti la cui risposta, per il momento, può solo essere data in chiave prospettica. Si può pensare di risocializzare il costo di eventuali danni traslandolo in capo ai clienti in modo indiscriminato, assicurando all'erogatore del servizio la disponibilità finanziaria per ripagare i clienti lesi; o ancora, puntare su un intervento di carattere proattivo prevedendo forme di controllo esterno da parte di soggetti privati qualificati con il compito di vagliare il corretto funzionamento della piattaforma di robo-advisory prima che questa possa accedere al mercato; infine, potenziare la funzione di compliance interna cosicché quest'ultima possa, dialogando con i vertici aziendali, offrire un ausilio affinché la piattaforma sia correttamente strutturata e costantemente monitorata.
Si rammenta che si tratta di un fenomeno ancora agli albori; le stesse Autorità di vigilanza europee si riservano di valutare lo sviluppo dei prossimi anni prima di pronunciarsi su qualunque intervento di tipo regolamentare.
Questo post è un riassunto della mia tesi dal titolo: "Fintech e servizi di investimento. I robo-advisors", chi fosse interessato a leggerla, mi contatti.