Come funzionano i dividendi

Dividendi

Cos’è il dividendo?

Il dividendo è la porzione di utili che un’azienda sceglie di distribuire ai suoi azionisti, a titolo di remunerazione del capitale investito. In termini contabili, è la differenza fra il totale degli utili conseguiti e la parte di utili destinata alle riserve societarie.

Su un’ideale lavagna, potremmo sintetizzare così:

Totale utili conseguiti – Utili destinati a riserve societarie = Dividendi

Ma insomma, come funziona il dividendo? Mettiamo, per esempio, che la Sempronia SpA abbia un capitale sociale di un milione di euro, diviso in 250mila azioni, ciascuna con un valore nominale di 4 euro.

Ora, poniamo che nel corso dell’esercizio contabile la società realizzi un profitto di 20mila euro e che decida di distribuirne 10mila agli azionisti. Il dividendo che ne consegue è di 0,04 euro per ogni azione posseduta. Come lo sappiamo? Facile: abbiamo diviso l’importo da distribuire – 10.000 euro – per il totale delle azioni.

In pratica, abbiamo fatto la seguente operazione:

10.000 / 250.000 = 0,04

Abbiamo detto che il dividendo remunera il capitale investito. In realtà, il dividendo rappresenta solo una parte della remunerazione degli azionisti, essendo l’altra costituita dal guadagno in conto capitale, cioè la differenza tra prezzo di vendita e prezzo di acquisto di uno strumento finanziario. Come le azioni, appunto.

Come si distribuisce il dividendo?

La distribuzione avviene a valle dell’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea ordinaria e dell’apposita delibera di distribuzione degli utili.

Generalmente ha una cadenza annuale, ma una consuetudine relativamente recente ha fatto sì che almeno le aziende di dimensioni più grandi stacchino un acconto in autunno per l’esercizio in corso, provvedendo poi al saldo nella primavera dell’anno dopo.

Stacco e cedola: di cosa stiamo parlando?

“Stacco” dei dividendi: cosa significa? È presto detto: c’è stato un tempo pre-telematico in cui il possesso di un titolo azionario (od obbligazionario) era rappresentato da un apposito certificato, al quale era allegato un tagliando.

Quando arrivava il tempo di riscuotere il dividendo (o l’interesse, nel caso di un titolo obbligazionario), il tagliando – detto anche “cedola” – veniva staccato. Poi è giunta l’era telematica e i titoli hanno abbandonato il loro supporto fisico. Ma i termini “cedola” e “stacco” sono rimasti nell’uso comune.

In particolare, la data di stacco indica il giorno nel quale l’azionista matura il diritto a ricevere il dividendo. È diversa da quella di pagamento, fermo restando che ha diritto a incassare il dividendo l’investitore che ha in portafoglio le azioni all’apertura del giorno dello stacco.

Attenzione agli effetti in Borsa

Nel giorno dello stacco, il prezzo in Borsa del titolo della società cala di un importo che corrisponde a quello del dividendo staccato.

Tornando al nostro esempio iniziale, nel giorno dello stacco del dividendo il valore del titolo Sempronia SpA calerà da 4 euro a 3,96 euro, ovvero il valore iniziale meno gli 0,04 euro di dividendo.

La tassazione dei dividendi

I dividendi percepiti da persone fisiche non imprenditori sono soggetti a una ritenuta a titolo di imposta del 26%. Fino al 31 dicembre 2017 solamente i dividendi riferiti alle partecipazioni non qualificate erano sottoposti a tale ritenuta; poi, con la Legge di Bilancio 2018, la ritenuta a titolo d’imposta del 26% ha cominciato a valere anche per le partecipazioni qualificate.

Qual è la differenza?

  • Sono qualificate le partecipazioni che superano complessivamente una certa soglia dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria (il 2% o il 20%) oppure del capitale o del patrimonio (5% o 25%), a seconda che si tratti di partecipazioni negoziate in mercati regolamentati o di altre partecipazioni.
  • Sono non qualificate le partecipazioni che invece non vanno oltre queste soglie.

Il dividendo è un diritto?

No. Al contrario dell’interesse per gli obbligazionisti, il dividendo per gli azionisti non è un diritto. Questa porzione di utile viene distribuita infatti a totale discrezione dell’assemblea dei soci, che può benissimo decidere di reinvestire tutti gli utili di quell’esercizio nell’esercizio successivo.

Eppure, c’è qualche eccezione. Alcune categorie di azioni, per esempio le risparmio e le privilegiate, incorporano un diritto al dividendo, stante però una limitazione dei diritti amministrativi (per esempio, il diritto di voto).

Lo statuto della società può prevedere che chi possiede questo tipo di azioni abbia diritto a ricevere un dividendo minimo se l’esercizio si chiude in utile, eventualmente stabilendone l’importo (e la cumulabilità a fronte del mancato pagamento).

“Stock dividend” e dividendo straordinario

Quando il dividendo è distribuito sotto forma di nuove azioni, si parla di “stock dividend”. Il dividendo straordinario, invece, è legato alla distribuzione non dell’utile di esercizio ma di parte delle riserve di liquidità della società. Scelta, questa, che può derivare da un eccesso di liquidità per accantonamenti nel corso degli esercizi precedenti, dalla cessione di rami d’azienda o da altre ragioni di tipo strategico.

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Redazione AdviseOnly

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