Bitcoin, solo la punta dell'iceberg: l'evoluzione della sharing economy tramite blockchain e decentralizzazione

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L'ontologia della sharing economy è la creazione di una struttura in cui ogni ente all'interno del sistema economico possa offrire una sua capacità o un suo possedimento per ricavarne un profitto. L'ente in quanto tale, senza infrangere leggi e gli ordinamenti in vigore, potrà scambiare quindi una prestazione in cambio di denaro. Questo procedimento creerebbe un surplus totale netto, del consumatore e del offerente, se non ci fosse un cavillo tra le parti: la figura centrale che chiameremo in questo caso moderatore. Infatti, la centralità crea una perdita secca (deadweigh loss) all'interno del sistema. Tuttavia, il moderatore permette e garantisce principalmente due aspetti che risultano fondamentali nel modello sharing economy: il matching efficiente tra domanda ed offerta e l'escrow (in italiano "il garante") tra le due controparti durante le trattative economiche. 

Quindi il fenomeno è duplice. Da una parte, la centralità è imperativa al fine di permettere che l'interazione dei clienti sia protetta; dall'altra, la creazione di monopoli è destinata per forza di causa a verificarsi, se l'intero sistema è mediato da singole figure soliste. Uber Technologies Inc. e AirBnb con la loro capitalizzazione, rispettivamente di $69 miliardi e $30 miliardi, ne sono l'evidenza empirica. Dopo tutto, quando i costi di infrastruttura sono quasi nulli, il potere di accumulo del capitale risulta essere molto veloce. 

Tuttavia, alcuni aspetti emersi alla luce del sole stanno mettendo in bilico la posizione dei grandi moderatori: la loro vulnerabilità e il loro adeguamento ai modelli di business precedenti. La recente notizia del cyberattacco ai database di Uber che ha generato una perdita di $57 milioni in forma di dati, testimonia quanto accennato precedentemente. La stessa (notizia) evidenzia il problema di un accentramento di dati sensibili. L'idea di sharing sembra essere scomparsa. Quello che sembra emergere da questa rivoluzione che doveva essere disruptive è la creazione di altre multinazionali.

Parallelamente, stanno nascendo molti progetti che vogliono creare un modello economico e sociale dove la figura centrale risulterà rimpiazzata da codici matematici, funzioni logiche e algoritmi. Questo è permesso tramite la struttura tecnica della blockchain. Non tutti sanno che oltre a Bitcoin, esistono moltissime piattaforme decentralizzate e distribuite in cui attraverso lo scambio di tokens si creano le dinamiche di mercato dove solitamente è necessaria la presenza di una figura centrale. Nascono così le Decentralized Applications (dApps).

Le dApps sono veri e propri software (o programmi) di cui la licenza è MIT, ovvero free e open source. Qualsiasi app centralizzata che gira sul nostro pc o sul nostro smartphone è solamente una copia dell'originale. Quando invece scarichiamo sulla nostra memoria esterna una dApps, acquisiamo l'originale. Analizzando più in dettaglio l'aspetto tecnico, ogni applicazione è sviluppata su due piani definiti come front-end e back-end, i quali denotano rispettivamente, la parte visibile all'utente e la parte che permette l'effettivo funzionamento. Il back-end di una dApp viene sviluppato al di sopra di una blockchain. Concettualmente, si può immaginare una Decentralized Application su tre livelli: front-end, back-end e blockchain. Il collegamento tra back-end e blockchain viene trascritto attraverso gli "smart contracts". Quest'ultimi ricevono informazioni da Oracoli, che prendono le informazioni dalla Rete e le codificano in modo che gli smart contracts eseguano la loro funzione logica "if it happens, then i'll do it".

La vera novità sta quindi che il moderatore è un vero e proprio software che non si prende nessun diritto, ma sopratutto, non genera una perdita secca nel sistema economico. La blockchain consente quindi l'interazione P2P (peer to peer)

Il team degli sviluppatori chiede democraticamente alla Rete i fondi con cui verrà svolta la campagna marketing e il costo del progetto. Questa modalità è la famosa Initial Coin Offering (ICOs). Purtroppo, anche in Rete come nel mondo reale, non è tutto oro quello che luccica. Molti progetti che vengono sponsorizzati e che raccolgono fondi attraverso la diffusione dei loro coins (anche denominati tokens), poi si rivelano delle truffe. Successivamente, dopo che la startup entrerà nel mercato, ogni possessore di un token avrà nel proprio wallet digitale una quota della stesssa. Citando un esempio attuale, Gramatik, artista sloveno electro funk, ha raccolto circa 10 milioni vendendo il suo token GRMTK ai suoi fans, i quali adesso possiedono proporzionalmente diritti e royalties sui progetti musicali del producer. 

La tokenizzazione (termine con cui si definisce la divisione in tokens del valore di un prodotto o servizio) può quindi collettivizzare una proprietà intellettuale e/o progetti. Torna quindi l'idea della sharing economy, per cui i beni sono posseduti dalle persone e non più dall'azienda. Il tentativo di creare dei marketplaces completamente decentralizzati, completamente moderati da software e di cui il valore degli stessi beni è distribuito in rete senza veri e propri consigli di amministrazione che detengono quote, è quindi tutt'altro che fantascienza. Tuttavia, nel momento in cui si raggiunge la massa critica necessaria per essere efficiente, la piattaforma centrale taglia fuori dal mercato i potenziali concorrenti. La sfida di queste nuove dApp è quindi quella di entrare in un mercato monopolistico ed elitario e sviluppare a pieno il concetto di sharing economy. 

Bitcoin è sicuramente il driver di tutta questa rivoluzione. Il peso mediatico a cui viene esposto tuttavia comprende molte altre novità nel mondo delle criptovalute e della decentralizzazione che possono radicalmente modificare gli attuali sistemi economici e di business

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Jacopo Sesana

Student of Philosofy, Economy and International Studies in University of Ca' Foscari Venice. Fully convinced that Bitcoin Technology will shape our word.

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