Open banking: cos’è e come trasformerà il settore finanziario (e non solo)

In questo articolo cercheremo di chiarire qual è la storia dell'open banking e che cosa comporta sia per le banche che per i consumatori.

Open banking_ cos’è e come trasformerà il settore finanziario (e non solo). Il punto di Tink

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L'open banking* è un modello collaborativo che consente ai fornitori di servizi finanziari l’accesso ai dati bancari dei consumatori, alle transazioni e ad altri dati attraverso l'uso di interfacce di programmazione delle applicazioni (API). Con l'emanazione della direttiva europea sui pagamenti digitali del 2018 (PSD2), l’open banking è diventato parte integrante della trasformazione dell’industria dei servizi bancari. Questo cambiamento dà più potere ai consumatori, che ora possono condividere i loro dati con terze parti rispetto alla propria banca e garantisce alle aziende la possibilità di offrire una gamma di nuovi prodotti e servizi intelligenti basati sui dati.

Il concetto di open banking è relativamente nuovo, almeno se si considera da quanto tempo esistono le banche, però è importante notare come i primi provider di servizi di open banking abbiano iniziato a prendere piede già agli inizi degli anni 2000. Eurobits, piattaforma di open banking spagnola che è stata acquisita da Tink a marzo 2020, è stata infatti fondata nel 2003 ed è uno dei primi TPP (Third Party Provider) della storia.

*Si prega di notare che non stiamo parlando del regolamento britannico noto come "Open Banking" (nome proprio), ma piuttosto del concetto generale di open banking identificato come movimento del settore.

Perché la PSD2 è entrata in vigore e cosa rappresenta per le banche, i TPP e i consumatori?

Per spiegare le motivazioni dietro l’introduzione della recente Payment Services Directive (PSD2), bisogna fare un passo indietro. Nel 2007 è stata adottata la prima Payment Service Directive (PSD) con lo scopo di creare le fondamenta per un mercato unico dei pagamenti (oggi conosciuto come Single European Payment Area, o SEPA). Da quel momento in poi c’è stata una continua evoluzione dello scenario economico, soprattutto in termini di digitalizzazione e di ingresso nel mercato di nuovi player sempre più innovativi. Un aggiornamento della regolamentazione europea era diventato necessario.

Con la PSD2, gli obiettivi sono infatti quelli di rendere il mercato dei pagamenti più sicuro, aumentare la protezione dei consumatori, incentivare l’innovazione e la competizione mentre, allo stesso tempo, vengano assicurate condizioni di parità anche per i nuovi player sul mercato.

Le banche hanno dovuto adeguarsi alla direttiva e nel 2019 c'è stata una mobilitazione del settore per rendere disponibili le API “passive”, ovvero le API che permettono ai TPP di connettersi e raccogliere le informazioni una volta avuto il consenso del cliente finale. Contemporaneamente, molte di queste stanno cercando di innovarsi e di sfruttare al massimo le opportunità che scaturiscono dall’open banking, in modo da offrire ai propri clienti servizi e soluzioni sempre più performanti.

I Third-Party Providers hanno potuto avere accesso a dati che prima erano di monopolio delle banche. Questo si traduce in servizi a valore aggiunto per i clienti finali ed infinite possibilità di innovazione con impatto sia sugli utenti finali, che sulle aziende e sul settore in generale.

Infine, i consumatori hanno potuto avere completo possesso dei propri dati, per utilizzarli a proprio vantaggio e condividerli con i provider che possono, a loro volta, offrire servizi migliori.

Quali sono ancora le sfide dell’open banking?

L’open banking e la PSD2 hanno portato moltissimi miglioramenti relativamente alla customer experience e un gran numero di opportunità per le aziende di ogni settore. Ad oggi, però, vediamo ancora diversi ostacoli nelle user journey, nei sistemi di autenticazione e nei dati messi a disposizione dalle banche stesse.

Lo scorso anno, l’EBA (European Bank Authority) ha rilasciato un’opinione su questi ostacoli, focalizzandosi sul fatto che le banche dovrebbero progettare le loro interfacce dedicate (PSD2 API) per consentire ai fornitori terzi autorizzati di accedere alle informazioni sui conti correnti e per effettuare l’iniziazione di pagamenti. Fino a quel momento, le autorità finanziarie di tutta Europa hanno potuto interpretare liberamente ciò che potesse essere definito come ostacolo o meno. Negli ultimi giorni, un nuovo parere è stato pubblicato dall’EBA, che stabilisce che gli ostacoli nelle API PSD2 che impediscono ai TPP di accedere ai conti bancari per offrire servizi di open banking, non siano più soggettivi o dipendenti dai feedback dei TPP - e non saranno più tollerati. Il 2021 sarà quindi un anno in cui vedremo sostanziali miglioramenti sia per la customer experience sia per la qualità e quantità delle informazioni che si potranno ottenere tramite le API PSD2.

Qual è lo scenario europeo e come si compara con quello italiano?

Per quanto riguarda lo sviluppo dell’open banking, il mercato più maturo rimane il Regno Unito. In Inghilterra** si contano infatti 200 TPP registrati fino a dicembre 2020 (per maggiori dettagli: Third Party Provider Open Banking Tracker di Konsentus). Questo vuol dire che l’ecosistema di open banking è più competitivo, ma anche che l’innovazione e la creazione di nuovi casi d’uso basati sull’open banking vengono più facilmente incentivati. Uno dei motivi di questo fenomeno è che in UK tutte le tipologie di business possono essere registrate come AISP, mentre nella maggior parte degli stati Europei questo è vero solo per Istituzioni di Pagamento. Inoltre, il processo della FCA (la Financial Conduct Authority, l’organismo di regolamentazione finanziaria nel Regno Unito) - a cui richiedere di essere registrati come AISP o attraverso cui richiedere una licenza AISP e/o PISP - può essere effettuato digitalmente, facilitandone il completamento.

In Italia il mercato non è ancora allo stesso livello (9 TPP registrati fino a dicembre 2020), ma come anticipato, la situazione sta ampiamente migliorando grazie all’ottimizzazione della user experience; anche legata ad un’implementazione più rigida della PSD2. Vediamo anche che la media italiana di TPP è in linea con il resto d’Europa se non si considerano i 3 mercati più maturi (UK, Germania e Svezia), dato che fa ben sperare per uno sviluppo imminente del settore. Un altro fattore che fa auspicare un’ulteriore evoluzione in Italia è l’apertura del Fintech Hub di Banca d’Italia a Milano.

Un ultimo dettaglio da segnalare: è interessante notare come ci sia una sostanziale differenza tra quanti TPP dispongano di una licenza esclusiva AISP (210) rispetto a quanti ne detengono una PISP (28). Questo vuol dire che per ora il settore si è concentrato soprattutto su casi d’uso e sullo sviluppo di servizi di aggregazione di conti, ma che nel futuro ci sarà largo spazio per soluzioni basate sull’iniziazione di pagamenti. Il trend dell'ultimo anno mostra infatti un aumento dei TPP che offrono servizi PISP, sia autonomamente che insieme ai servizi AISP.

** I dati sui TPP riferiti ai Paesi specifici si riferiscono al numero di TPP approvati dal Paese stesso. Non vengono in questo caso considerati i TPP che possono fornire servizi utilizzando licenze ottenute in altri Paesi (passporting). 

Cosa ci aspetta?

Fino ad ora si è parlato di open banking i facendo riferimento ai soli conti di pagamento, modalità usata fin dall’entrata in vigore della PSD2. Ma open banking vuol dire molto di più. Nelle regolamentazioni implementate più recentemente, come quella australiana, brasiliana o messicana, l’open banking ha una portata ben più ampia, includendo i dati finanziari e prendendo già le sembianze di quello a cui spesso ci si riferisce come “open finance”. I dati che non rientrano nell’ambito della PSD2, come quelli legati al portafoglio di investimenti, o a prestiti e mutui, vengono già utilizzati da realtà come Tink tramite metodologie che prescindono dalla sola connessione agli API PSD2. Nel Regno Unito è iniziato un processo di regolamentazione anche per questa tipologia di dati ed è lecito attendersi che una bozza della normativa venga presentata entro quest’anno. In Europa il concetto di open finance è arrivato leggermente più tardi, solo verso la fine del 2020 (Digital Finance Strategy), ma un framework sarà finalizzato entro il 2024.

È chiaro ormai come questa trasformazione stia cambiando completamente il modo in cui le banche, i fornitori di servizi finanziari e i consumatori interagiscono tra loro, e stia creando opportunità immense per tutte quelle istituzioni che ne sanno cogliere i vantaggi.

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Tink

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